mercoledì 31 luglio 2013

BUONE VACANZE

Uno dei sintomi dell'arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente importante. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro.
Bertrand Russell, La conquista della felicità, 1930


venerdì 26 luglio 2013

martedì 23 luglio 2013

Breve nota sulla differenza tra agire e fare di Fabio Gabrielli

La nota distinzione aristotelica tra “agire”, dare un senso, una direzione di marcia al proprio stare al mondo, e “fare”, limitarsi ad eseguire un compito, ci interpella in tutta la sua portata esistenziale, in un’epoca dove l’abulia delle coscienze, l’infiacchimento della meditazione, la rottamazione delle idee appaiono sempre più pervasive e inquietanti.
L’ambiguità tipica della modernità si manifesta a tutto tondo nelle luminose scoperte scientifiche, nelle grandi innovazioni tecnologiche e, di contro, nel pensiero unico, monocorde, nella comunicazione invisibile poiché abitata da linguaggi sempre identici, nella ideazione rattrappita, nello sguardo ripiegato su se stesso poiché privo di tensione contemplativa.

Da qui l’urgenza di recuperare l’agire come progettazione nel mondo e per il mondo di un’articolazione di senso compiuta, di un percorso della coscienza alternativo a quello serializzante indotto dal sistema dei bisogni che seduce e delude con meccanica, implacabile ripetitività. L’agire, tuttavia, diviene progetto di senso solo se lascia spazio alla dialettica tra silenzio e dubbio. Il silenzio, come pausa della parola che indaga se stessa, come temporaneo congedo dal quotidiano per rivisitarlo con occhi nuovi, rinvia da sempre al dubbio. La sospensione della parola e della visione comune, standardizzata, apre, infatti, fecondi squarci dubitativi su quello che acriticamente accatastiamo nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, o meglio nel nostro “fare”, nel nostro assolvere in modo impersonale ad un compito.

Il dubbio non è uno stile di vita, bensì un metodo critico di discernimento, uno spazio pre-veritativo che permette al soggetto, dopo la messa in discussione “silenziosa” delle diverse alternative, dei diversi paradigmi di vita, di compiere una scelta veritativa vincolante, in base alla quale determinare il senso ultimativo del proprio esistere qui e ora.
 
 
 
 
Ora, l’uomo venendo all’essere si determina originariamente come “azione” perché viene a trovarsi entro uno spazio aperto di possibilità, anzi egli stesso è l’apertura di questo spazio. Una volta posto in questo spazio, l’uomo deve inevitabilmente orientarsi in esso […] pena il perdersi.
Salvatore Natoli, Il buon uso del mondo. Agire nell’età della tecnica, Mondadori, Milano 2010

 

martedì 16 luglio 2013

LIFE WITHOUT TELEVISION


“Hai visto ieri sera quel programma che parlava di…”
“Non l'ho visto, non ho la TV”
A questa riposta vedo nelle facce dei miei interlocutori un misto di incredulità e compassione, mi guardano come se appartenessi ad un club di eccentrici snob.
Chiarisco che vivo senza TV per scelta, non è una questione ideologica, semplicemente quando il vecchio apparecchio a tubo catodico ha smesso di funzionare è stato quasi naturale non rimpiazzarlo.
"Ma come fai ad essere aggiornato su ciò che succede nel mondo?" è la giusta replica.
C'è internet, ci sono i giornali e c'è la radio che volendo non fanno mancare notizie e approfondimenti. La mia risposta non convince.
Spesso penso alla collocazione che l'elettrodomestico ha nelle case e mi accorgo che gli viene riservato il posto d’onore a tavola o nel salotto, è eletto a commensale autoritario che non accetta repliche inducendo i presenti a credere che la realtà sia quella trasmessa.
Così un acquazzone diventa una tempesta, un evento criminale fa credere che tutta quella parte del mondo sia pericolosa, un politico corrotto convince che tutta la politica sia sporca. Se proviamo ad uscire di casa a volte costatiamo che un temporale è solo acqua e vento, che alcuni paesi lontani  sono più sicuri del nostro e che esistono amministratori onesti e servizievoli.
Siamo spaventati da cose che non ci riguardano e stiamo perdendo la capacità di pensare alla realtà come qualcosa di complesso e soggettivo.
La telecamera che inquadra ci offre una prospettiva ridotta della scena, il mondo non è miniaturizzabile in pochi centimetri di schermo, le persone non sono condensabili in poche sintetiche battute strappate dal giornalista e la vita non sempre è una fiction o un gioco a premi.
Prova a fare un esperimento rivoluzionario, non spegnere la TV ma a portala in soffitta per un po’ di tempo e forse ti accorgerai che è bello parlare con chi ti sta di fronte,  leggere, uscire di casa e farsi una passeggiata o fare tutte quelle cose che a volte non facciamo con la scusa di avere poco tempo.
Se il test non funziona puoi sempre ricollocarla al suo posto infilare la spina nella presa e  riprendere le trasmissioni.
A volte mi manca lo confesso, ma il pensiero passa veloce non appena mi accorgo di quanto quel muro vuoto sia una forma di pienezza e felicità.
Smetti di guardare la vita degli altri ma vivi la tua da protagonista e scoprirai che può essere più bella e sorprendente di quella che trasmettono.
Antonio Zanaboni
CoachInCammino

lunedì 15 luglio 2013

L'arte del distacco

Molti fanno resistenza all’idea che il distacco sia necessario per il risveglio della consapevolezza e per rafforzarsi. Dietro c’è spesso la convinzione che il distacco sia un approccio freddo alla vita, o che sia un modo per evitare le responsabilità.
La verità è l’opposto. E’ solo quando “lasci andare” ciò a cui sei attaccato che crei lo spazio perché il nuovo si manifesti. Ed è solo quando sei distaccato in situazioni di crisi e caos che puoi essere di vera utilità agli altri che sono presi dalle emozioni.
Ma come ci si distacca? Come fare un passo indietro e creare lo spazio per vedere più chiaramente ed essere liberi dalle tante influenze che ci circondano? Ecco sette modi per distaccarsi.
1. Cambia la tua relazione: da essere colui che possiede, diventa il fiduciarioUsa questa posizione mentale quanto diventi troppo attaccato a ciò che possiedi.  Non puoi possedere nulla. Sei solo un affidatario di tutto ciò che costituisce la tua vita finché non arriva il momento in cui qualcun altro ne usufruirà.
2. Lascia andareConsidera questo approccio quando sei aggrappato a una specifica opinione/posizione. La prossima volta che ti trovi impegnato in una disputa disarma l’altro dicendo:”Non sono d’accordo con te, ma accetto il tuo punto di vista. Parlamene di più affinché possa capire perché tu la pensi così”.
3. Pratica il dare
Usa questo metodo quando ti accorgi che vuoi o desideri sempre qualcosa dagli altri. Quando vuoi qualcosa, sei già attaccato all’oggetto del tuo desiderio. Quasi tutti apprendiamo questa abitudine fin dalla nascita, “cantando” spesso: “Dammi, dammi, dammi!” Spezza quest’abitudine praticando il dare coscientemente.
4. Raffigurati mentalmente risultati diversiApplica questo modo quando hai paura di cambiare e/o quando sei aggrappato a qualche forma di auto-limitazione (es. “non riesco”). Tutti gli atleti conoscono il potere che viene dalla rappresentazione mentale o visualizzazione. Prenditi alcuni minuti per visualizzare positivamente il futuro e ti sentirai abbastanza libero da affrontare quel che verrà e, con la pratica, diventa creatore cosciente del tuo futuro.
5. Non identificarti con la situazione/risultato
Usa questa posizione mentale con qualsiasi processo, in qualsiasi momento e dovunque nella vita. Ciò significa semplicemente non far dipendere la tua felicità da qualcosa fuori di te stesso, specialmente dai risultati delle azioni tue o degli altri. Sii felice qualsiasi cosa arrivi. La felicità è una scelta e una decisione, non un’esperienza sporadica o una dipendenza.
6. Immagina che sia qualcun altro a essere impegnato nella situazione, come si comporterebbe?Utilizza questo pensiero quando il tuo attaccamento influenza la tua abilità di interagire con gli altri. Prenditi un momento per immaginare come qualcuno di cui apprezzi la saggezza tratterebbe la situazione. Ciò allenta la presa che hai sul “modo tuo” e le tue reazioni abituali.
7. Guarda la situazione con gli occhi dell’altro
Questo è adatto a ogni situazione conflittuale, ti costringe a lasciar andare l’attaccamento a un unico punto di vista, il tuo, e a generare comprensione ed empatia. Chiedi e ascolta, chiedi e ascolta, chiedi e ascolta è il segreto della comprensione del punto di vista degli altri. Così facendo vedrai attraverso gli occhi di un altro e lascerai andare il tuo punto di vista più facilmente.
 
Domanda: Quali tra le strategie descritte potresti usare immediatamente?
Riflessione: Prenditi un momento e rifletti sulla ragione per cui ti attacchi agli altri e perché l’amore non è attaccamento.
Azione: Fai un piano per usare ogni punto dato nei prossimi sette giorni o sette settimane. Poi mettilo in pratica.
Fonte: www.lifegate.it/it/home
 

venerdì 12 luglio 2013

Arrendersi al corpo di Alexander Lowen

 L'idea della resa è impopolare per l'individuo moderno, il cui orientamento si basa sull'idea che la vita sia una lotta, un combattimento, o quanto meno una contesa. Molte persone considerano la vita un'attività che tende a un qualche conseguimento, a un qualche successo. L'identità personale spesso è più legata all'attività della persona che al suo essere. [...]
Senza una resa dell'Io narcisistico non è possibile abbandonarsi all'amore. Senza tale abbandono, la gioia è impossibile. Resa non significa [...] sacrificio dell'Io. Significa invece che l'Io riconosce il proprio ruolo subordinato al sé, la propria funzione di organo di coscienza e non di padrone del corpo. [...]
La parte oscura, la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà: la volontà è impotente a regolare o coordinare i complessi processi biochimici e biofisici del corpo, è impotente a influire sul metabolismo del corpo, da cui dipende la nostra vita. E questo è un concetto molto rassicurante perché, se fosse vero il contrario, la vita si spezzerebbe al primo fallimento della volontà. [...]
Le illusioni sono difese dell'Io contro la realtà [...]. La salute emotiva è la capacità di accettare la realtà e di non sottrarsi a essa. La nostra realtà di base è il nostro corpo. [...] Ogni parte del corpo contribuisce al nostro senso del sé, se siamo in contatto con essa. E possiamo avere questo contatto solo se è viva e mobile. Quando ogni parte del corpo è carica e vibrante, ci sentiamo vivi in modo vibrante e felici. Ma perché ciò accada dobbiamo arrenderci al corpo e ai suoi sentimenti.
Questa resa significa lasciare che il corpo diventi pienamente vivo e libero. Significa non tradirlo e non controllarlo. Il corpo non è una macchina che noi dobbiamo avviare o fermare. Possiede una sua mente e sa cosa deve fare. In realtà, ciò a cui rinunciamo è l'illusione del potere della mente.
Fare è l'opposto di arrendersi. Fare è una funzione dell'Io, mentre arrendersi al corpo esige un abbandono dell'Io. [...]
Naturalmente, quando il sentire è assente o ridotto, si cerca un significato alla vita oltre il sé.
Il sentire vero svuota la vita di una sua presunta direzionalità, di un suo presunto senso. Si esce dalla banale retorica di frasi patetiche quali dare un senso alla vita, cercare un posto nel mondo, avere uno scopo. Per non parlare di quella bestemmia somma costituita dalla parola ambizione.Invece: resa, abbandono. E farsi fluire, lasciarsi andare. Lasciarsi andare: non più io vado, ma sono lasciato andare, sono portato, sono condotto. Sono fluito. Ovvero: sono arreso al mio corpo, da lui accudito. Più mi arrendo e più sento la sua potenza, la sua forza, la sua inderogabile verità. La verità del corpo, la verità della natura, la verità della materia, la verità della terra, la verità del sentire.
Non più il soggetto che produce l'azione, ma l'azione che si impone in un soggetto volatilizzato nella sua esposizione al reale, alla potenza della datità dell'istante presente.
Come un ubriaco per strada, ma che sente nel suo inciampo il senso del mondo.

mercoledì 10 luglio 2013

Amelia Earhart - Le paure sono tigri di carta.

 La cosa più difficile è la decisione iniziale di agire, il resto è solo tenacia.
 Le paure sono tigri di carta.
 


Amelia Earhart nasce il 24 luglio 1897 ad Atchinson (Kansas) e passa alla storia per essere stata la prima donna ad attraversare in solitaria l'Oceano Atlantico nel 1932. Ricordata tutt'oggi come eroina americana nonché come uno dei più capaci e celebrati aviatori del mondo, è un esempio di coraggio e spirito d'avventura tutto al femminile.
All'età di soli 10 anni e dopo una gita nei cieli di Los Angeles, Amelia Earhart incontra la passione della sua vita: librarsi nelle limpide immensità delle volte celesti. Imparerà a volare diversi anni dopo, prendendo l'aviazione come un hobby, spesso accettando ogni tipo di lavoro per mantenersi alle costose lezioni. Nel 1922 infine compra il suo primo aeroplano con il sostegno economico della sorella Muriel e della madre.
Il 1928 a Boston Amelia viene scelta da George Palmer Putnam, suo futuro marito, per essere il primo pilota donna a compiere il volo transoceanico. Amelia Earhart, affiancata dal meccanico Lou Gordon e dal pilota Wilmer Stults, riesce con successo e viene acclamata e onorata in tutto il mondo per la sua impresa.

Dopo una serie di record di volo è nel 1932 che Amelia Earhart compie l'impresa più ardita della sua carriera: la trasvolata in solitaria sull'oceano Atlantico.

Il coraggio e l'audacia di Amelia Earhart, che si applicano ad attività che allora erano aperte principalmente agli uomini, si coniugano mirabilmente con la grazia e il gusto tipicamente femminili. La donna diviene infatti disegnatrice di moda studiando un capo particolare d'abbigliamento: la mise di volo per le donne aviatrici.
Amelia Earhart offre altri assaggi di avventura con i voli che effettua ne1 1935: da Honolulu a Oakland (California) tra l'11 e il 12 gennaio, da Los Angeles a Mexico City il 19 e il 20 aprile, infine da Mexico City a Newark (New Jersey). A questo punto è la prima donna al mondo ad aver effettuato voli in solitaria nel Pacifico, ma anche la prima ad aver volato in solitaria sia l'Oceano Pacifico, sia l'Oceano Atlantico.
 
Il suo sogno più grande rimane però quello il giro del mondo in aeroplano. Inizia l'impresa, ma raggiunti circa i due terzi del viaggio, oltre 22.000 miglia, Amelia scompare, perdendosi misteriosamente insieme al copilota Frederick Noonan per mai più tornare. E' il 2 luglio del 1937.

venerdì 5 luglio 2013

Ascoltati

Il problema è che nel caos di queste nostre vite abbiamo smesso di ascoltare.
Ascoltare il nostro respiro..
Ascoltare il rimo del nostro cuore che batte..
Ascoltare i nostri pensieri abbandonandoci ad essi..
Da quanto non lo facciamo? Eppure sono gesti così semplici…
Dovremmo ricominciare ad ascoltare, dovremmo ricominciare ad ascoltarci.
  Anton Vanligt
 

giovedì 4 luglio 2013

L'avvocato del diavolo - La filosofia di John Milton

Devi mantenere un profilo basso, innocuo, sembrare insignificante!
Sono una sorpresa Kevin.. la gente non mi vede arrivare, è questo che ti manca.

LETTORI FISSI