martedì 10 aprile 2012

Quanto è multitasking il tuo cervello?

“Arrivo tra 5 minuti”, dico al cellulare mentre controllo l’orologio del cruscotto... e guardo se il semaforo è diventato verde… e mi accendo in un dibattito sulla precarietà professionale con la mia amica seduta di fianco... Questo quadretto automobilistico, che tenta di descrivere la capacità di portare a termine più azioni contemporaneamente, è definito in gergo moderno “multitasking”.

Il multitasking è una chance in più per sopravvivere ai fuochi incrociati dell’informazione a cui siamo quotidianamente soggetti. In realtà, il quadretto di apertura dell’articolo andrebbe tradotto come comportamento “incosciente” nella lingua universale. L’autore afferma che concentrazione e tranquillità danno i risultati migliori nella performance di guida, indipendentemente dalle capacità di multitasking del lettore. Risultati pubblicati ogni giorno dalla rivista internazionale The Good Sense (Il Buon Senso).

Ma possiamo concludere diversi compiti contemporaneamente e in modo efficiente come quando si fa una cosa alla volta? Il nostro cervello è davvero in grado di farlo? Qui sotto verranno riassunti tre studi pubblicati dalle riviste internazionali Sience e Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Alla fine della lettura, confidiamo che i lettori rientreranno dalle ferie più coscienti delle proprie capacità, messe in crisi dalla frenesia dell’era multimediale.

Il cervello ha solo due mani

La parte del cervello chiamata in causa oggi è la corteccia prefrontale, riposta dietro alla nostra fronte. La parte anteriore crea l’idea e la dice alla parte posteriore, che la esegue. Grazie alla corteccia prefrontale siamo in grado di portare a termine i compiti richiesti, anche se più azioni vengono richieste nello stesso momento. Ma il cervello ha un trucco per essere multitasking: fa uso di una particolare memoria, definita “memoria di lavoro”, che è in grado di analizzare e conservare l’informazione legata ad un compito per un certo periodo di tempo.

La memoria di lavoro è alla base delle nostre capacità intellettive, dal ragionamento all’apprendimento, fino alla memorizzazione di un indirizzo da scrivere poi su una cartolina. Grazie alla memoria di lavoro, il nostro cervello mette in attesa un compito iniziato da poco per svolgere un’altra attività più urgente, per poi ritornarci su una volta libero.

I ricercatori Sylvain Charron ed Etienne Koechlin, dell’agenzia di ricerca biomedica Inserm di Parigi, hanno misurato con la risonanza magnetica per immagini (fMRI) l’attività del cervello durante esercizi di esecuzione di più azioni simultanee e hanno scoperto che siamo in grado di svolgere correttamente solo due azioni alla volta.

I 32 partecipanti a questo studio, uomini e donne di età tra 19 e 32 anni, hanno eseguito in due parti un complicato test di abbinamento. Una parola, ad esempio giostra, veniva scomposta a caso in lettere (maiuscole o minuscole) mostrate al computer. I soggetti dovevano identificare le coppie di lettere che compaiono nello stesso ordine in cui erano sistemate nella parola stessa (“os” è corretto, “so” è sbagliato). Nel frattempo, per osservare cosa accade nel cervello durante il fenomeno di multitasking, i partecipanti dovevano categorizzare le lettere apparse sullo schermo come maiuscole e minuscole.

La fMRI ha dimostrato come funziona il multitasking. Mentre i partecipanti identificano la coppia di lettere corretta, entrambi le parti del loro cervello vengono attivate in risposta al compito. Quando viene aggiunta la richiesta di categorizzazione data dal secondo esercizio, il cervello si divide letteralmente in due, e ciascun lato risponde a un solo compito.

Da qui si potrebbe dedurre che il cervello sia in grado di portare a termine correttamente solo due compiti alla volta. Se si aggiunge un terzo compito, come identificare il colore dato alle lettere che compaiono sullo schermo, i partecipanti triplicano gli errori commessi quando il test richiedeva solo due esercizi, o addirittura induce a dimenticare uno tra i compiti richiesti.

Siamo sicuri che diventare multitasker sia la soluzione giusta?

“Più ce n’è peggio è”. La psicologa Eyal Ophir dell’Università di Stanford a Palo Alto, in California ha osservato il comportamento di soggetti dichiarati multitaskers in una gara di abilità dimostrativa. I soggetti sono stati suddivisi in base a quante volte utilizzavano simultaneamente televisione, video, telefonini e giochi al computer, in due gruppi definiti “grandi media multitaskers” e “light media multitaskers”. Entrambi i gruppi hanno misurato la loro capacità di percepire informazioni rilevanti dall’ambiente circostante, scartare l’irrilevante e la velocità con cui abilmente passano da un test di abilità a un altro. Tutti i soggetti dovevano identificare al computer il cambiamento di forma di un rettangolo rosso, ma non del vicino rettangolo blu. Un secondo test presentava coppie di lettere e numeri che i partecipanti dovevano alternativamente etichettare come pari o dispari, vocali o consonanti.

I grandi multitaskers hanno mostrato i risultati peggiori: più facili alla distrazione, scarsa distinzione tra le informazioni necessarie e quelle di poca importanza per la riuscita del test. “Sono i peggiori ad ogni compito di controllo cognitivo necessario al multitasking”, conclude il sociologo Clifford Nass co-autore dello studio. Insomma, sembra che si sia bravi multitaskers soltanto se alla fine ci si dedica ad una cosa per volta. Forse quello che ci rende capaci di molteplici azioni è l’ottimizzazione del tempo trascorso tra un compito assolto e il successivo?

Più anni hai, meno multitasking sei

La capacità del cervello di non farsi distrarre da informazioni inutili diminuisce con l’età, compromettendo la memoria di lavoro e a possibilità di svolgere più compiti contemporaneamente. Questo è quanto afferma uno studio recentemente condotto dai ricercatori del Dipartimento di Neurologia, Psichiatria e Fisiologia presso la Fondazione W.M.Keck per le Neuroscienze Integrative dell’Università di California, San Francisco.

La memoria di lavoro nasce dalla connessione tra una particolare area della corteccia prefrontale, il giro frontale mediale destro (MFG), e l’area paraippocampale (PPA), che seleziona le scene che devono essere ricordate. Wesley Clapp e colleghi hanno osservato come cambiano queste connessioni in soggetti giovani, con età media di 24,5 anni, e in soggetti di circa 69 anni mentre eseguivano un test di memoria visiva che richiedeva capacità di multitasking. I partecipanti dovevano osservare al computer uno scenario naturale e tenerlo in memoria 14,4 secondi. Durante questi pochi secondi, la loro attenzione veniva distolta dall’apparizione di un volto, di cui dovevano determinare sesso ed età. Subito dopo, veniva loro chiesto di richiamare alla memoria lo scenario iniziale. L’attività del cervello durante le fasi del test veniva osservata con la fMRI.

Quando venivano interrotti, tutti i partecipanti spostavano l’attività cerebrale dall’area MFG-PPA ad un’altra parte deputata a processare le informazioni provenienti dal volto. Passati i 14,4 secondi, il cervello dei giovani soggetti ritornava più rapidamente a lavorare nell’area della memoria di lavoro e distoglieva l’attenzione dal volto. I soggetti anziani, di contro, continuavano ad elaborare le informazioni causate dall’interruzione e riattivavano la via MFG-PPA con minore efficienza.

“Questi risultati indicano che i deficit di scambio tra le reti funzionali del cervello sono alla base dell’impatto del multitasking sulla memoria di lavoro nelle persone anziane”, conclude il Prof. Gazzaley, coautore dello studio e direttore della Fondazione.

Tu quanto sei multitasker?

Appurato che è meglio fare una cosa per volta, e che ora avete dati scientifici alla mano per difendervi dal capo, siete curiosi di vedere quanto siete multitasker? Seguite i link qui sotto, leggete attentamente le istruzioni e provate ad eseguire test (simili a quelli utilizzati dagli studi citati nell’articolo). Buon divertimento.

Alessandra Gilardini
Biologa, Ph.D. in Neuroscienze

Referenze:

Wesley C. Clapp, Michael T. Rubens, Jasdeep Sabharwal, Adam Gazzaley. Deficit in switching between functional brain networks underlies the impact of multitasking on working memory in older adults. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2011; 108(17):7212-7.
Charron S, Koechlin E. Divided representation of concurrent goals in the human frontal lobes. Science. 2010 Apr 16;328(5976):360-3.
Ophir E, Nass C, Wagner AD. Cognitive control in media multitaskers. Proceedings of the National Academy of Science. 2009 Sep 15;106(37):15583-7. Epub 2009 Aug 24.
Test di abilità sul multitasking

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