venerdì 26 dicembre 2014

STILE di Charles Bukowski

Lo stile è una risposta a tutto.
un nuovo modo di affrontare un giorno noioso o pericoloso
fare una cosa noiosa con stile è meglio che fare una cosa pericolosa senza stile.
fare una cosa pericolosa con stile è ciò che io chiamo arte.
La corrida può essere arte
Boxare può essere arte.
Amare può essere arte.
Aprire una scatola di sardine può essere arte.
Non molti hanno stile.
Non molti possono mantenere lo stile.
Ho visto cani con più stile degli uomini,
Sebbene non molti cani abbiano stile.
I gatti ne hanno in abbondanza.

Quando Hemingway si è fatto saltare le cervella con un fucile, quello era stile.
Alcune persone ti insegnano lo stile.
Giovanna d'Arco aveva stile.
Giovanni il Battista.
Gesù
Socrate.
Cesare.
García Lorca.
In prigione ho conosciuto uomini con stile.
Ho conosciuto più uomini con stile in prigione che fuori di prigione.
Lo stile è una differenza, un modo di fare, un modo di esser fatto.
Sei aironi tranquilli in uno specchio d'acqua, o tu, mentre esci dal bagno nuda senza
vedermi.

mercoledì 17 dicembre 2014

Parole Magiche


 

Originariamente le parole erano magie e, ancor oggi, la parola ha conservato molto del suo antico potere magico.   Con le parole un uomo può rendere felice l'altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l'insegnante trasmette il suo sapere agli allievi, con le parole l'oratore trascina con sé l'uditorio e ne determina i giudizi e le decisioni.   Le parole suscitano affetti e sono il mezzo comune con il quale gli uomini si influenzano tra loro. Non sottovaluteremo quindi l'uso delle parole nella psicoterapia.
                                                        Sigmund Freud

giovedì 16 ottobre 2014

Dalla parte dei desideri

Poi non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada.
Così... Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni,
                      essere giusti. No. Sono i desideri che
                      salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con  
                      loro, e ti salverai.
A. Baricco - Oceano Mare.

martedì 14 ottobre 2014

La felicità? Meglio non condividerla

La ricerca: "Raccontare le nostre belle esperienze ci allontana dai nostri amici

 INTO THE WILD

 Sei appena tornato da un viaggio fantastico, hai ottenuto il lavoro dei tuoi sogni e non vedi l'ora di sposare il tuo compagno/a. La tua vita va alla grande? Sì, ma meglio non dirlo troppo in giro. Secondo una ricerca, pubblicata sulla rivista "Psychological Science", raccontare agli altri le nostre esperienze straordinarie ha l'effetto di fare sentire i nostri interlocutori "tagliati fuori". Nessuno, insomma, almeno secondo la scienza, ha voglia di ascoltare le nostre sensazionali novità. "La felicità è reale solo se condivisa", recitava la scritta che Christopher Johnson McCandless (meglio noto come Alexander Supertramp), il protagonista di "Into the Wild", lasciò all'interno del Magic Bus prima di morire. La ricerca contraddice questa citazione: condividere con qualcuno la propria felicità non è così semplice.
"Quando otteniamo ciò che vogliamo, la prima cosa che sentiamo di fare è dirlo ai nostri amici - spiega l'autore Gus Cooney della Harvard University - ma ho notato che la conversazione in cui ci 'vantiamo' di qualcosa alla fine viene ricondotta, in un modo o nell'altro, ai soliti argomenti. Mi sono chiesto se queste esperienze straordinarie che raccontiamo possano avere più lati negativi che positivi per chi ci ascolta e se le persone si siano accorte di questo 'fenomeno'".
Da qui è nata l'idea della ricerca, condotta da Cooney insieme a Daniel T. Gilbert della Harvard University e Timothy D. Wilson della University of Virginia. "I partecipanti al nostro esperimento - spiegano gli autori dello studio - credevano erroneamente che l'esperienza straordinaria vissuta da loro li potesse rendere le 'star' della conversazione. Ma si sbagliavano, perché l'interazione si basa sulle somiglianze e aver avuto un'esperienza diversa li ha resi semplicemente 'distanti'".
Ecco in cosa consisteva il test: 68 volontari sono andati nello studio di Cooney e i colleghi in gruppi di quattro. Ad un solo partecipante per ogni gruppo è stato chiesto di guardare un video interessante, recensito con quattro stelline, mentre agli altri tre è stato fatto vedere un video più scadente, con due stelle. Dopo aver visto i filmati, il gruppo si è riunito intorno ad un tavolo e ha parlato per cinque minuti. Coloro che avevano visto il video più bello (quelli che, insomma, avevano vissuto l'"esperienza straordinaria" e morivano dalla voglia di raccontarlo agli altri) hanno ammesso di essersi sentiti in disagio nella conversazione: si sentivano esclusi.
Chi lo avrebbe mai detto? Nessuno nel gruppo è riuscito a prevedere un effetto simile: tutti i partecipanti, a cui è stato chiesto come si sarebbero sentiti nei panni di chi aveva vissuto la bella esperienza, si sono immaginati felici, mentre deliziavano gli altri con i loro racconti. Ma la realtà ha smentito le loro aspettative.
Secondo i ricercatori, a volte la scelta di raccontare o meno un bell'evento che ci è capitato può essere fatale e compromettere i rapporti che abbiamo con gli altri. "Quando decidiamo di condividere una determinata cosa con qualcuno, pensiamo all'impatto che potrebbe avere sulla nostra interazione sociale - spiega Cooney - se proprio aver vissuto quell'esperienza ti fa diventare una persona che non ha nulla in comune con gli altri, beh, non importa quanto bella sia, non ti renderà felice a lungo".

 Ilaria Betti, L'Huffington Post                                                         
 Pubblicato:             
http://www.huffingtonpost.it/2014/10/07/felicita-meglio-non-condividerla-la-ricerca_n_5944690.html?ref=fbph#

venerdì 12 settembre 2014

Sinergia

La sinergia (dal greco συνεργός, che significa "lavorare insieme"),  può essere definita come la reazione di due o più agenti che lavorano insieme per produrre un risultato non ottenibile singolarmente.
 
 
  
The East 
 diretto da Zal Batmanglij e prodotto da lui e Brit Marling - 2013

lunedì 1 settembre 2014

Abbracci

La durata media di un abbraccio tra due persone è di 3 secondi. Ma i ricercatori hanno scoperto qualcosa di fantastico. Quando un abbraccio dura 20 secondi, si produce un effetto terapeutico sul corpo e la mente. La ragione è che un abbraccio sincero produce un ormone chiamato “ossitocina”, noto anche come l’ormone dell’amore. Questa sostanza ha molti benefici sulla nostra salute fisica e mentale, ci aiuta, tra l’altro, a rilassarci, a sentirci al sicuro e calmare le nostre paure e l’ansia.
Questo meraviglioso tranquillante è offerto gratuitamente ogni volta che si prende una persona tra le nostre braccia, che si culla un bambino, che si accarezza un cane o un gatto, che si balla con il nostro partner, che ci si avvicina a qualcuno o che si tiene semplicemente un amico per le spalle.
Nicole Bordeleau
Milano - Eva Olah Arrè 1994

giovedì 31 luglio 2014

E' PROIBITO di Alfredo Cuervo Barrero

È proibito piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi.
È proibito non sorridere ai problemi,
non lottare per quello in cui credi
e desistere, per paura.
Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà.
È proibito non mostrare il tuo amore,
fare pagare agli altri i tuoi malumori.
È proibito abbandonare i tuoi amici,
non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto
e chiamarli solo quando ne hai bisogno.
È proibito non essere te stesso davanti alla gente,
fingere davanti alle persone che non ti interessano,
essere gentile solo con chi si ricorda di te,
dimenticare tutti coloro che ti amano.
È proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e le sue risate
solo perchè le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
È proibito non cercare di comprendere le persone,
pensare che le loro vite valgono meno della tua,
non credere che ciascuno tiene il proprio cammino
nelle sue mani.
È proibito non creare la tua storia,
non avere neanche un momento
per la gente che ha bisogno di te,
non comprendere che ciò che la vita ti dona,
allo stesso modo te lo può togliere.
È proibito non cercare la tua felicità,
non vivere la tua vita pensando positivo,
non pensare che possiamo solo migliorare,
non sentire che, senza di te,
questo mondo non sarebbe lo stesso.

lunedì 14 luglio 2014

LASCIAR ANDARE

Lasciar andare non significa non interessarsi,
ma smettere di credere di aver potere al posto degli altri.
Lasciar andare non significa fregarsene,
ma lasciare che l’esperienza sia consigliera, non le parole.
Lasciar andare non è vittimismo,
ma la profonda certezza che spesso gli effetti non dipendono da noi.
Lasciar andare non corrisponde ad una critica,
ma ad un atto di estrema fiducia.
Lasciar andare non è imporre nuove catene,
ma permettere alla libertà di ognuno di esprimersi.
Lasciar andare non è ancorarsi al passato,
ma vivere pienamente un nuovo futuro.
Lasciar andare non è un atto egoistico,
ma è il coraggio di scoprire il nuovo che si svela di fronte a noi.
Lasciare andare non è dominio e controllo,
ma un atto i fede perché la vita si sveli.
Lasciar andare non è cedere ai fardelli della vita,
ma credere che siamo nati per uno scopo elevato.
Lasciar andare non è soffrire,
ma permettere alla gioia di abitare in noi.
Lasciar andare non è di domani,
ma è di un oggi che aspetta di essere vissuto.
Lasciar andare… libera, purifica, migliora… lasciare andare… è accogliere la gioia.

 Stephen Littleword

giovedì 3 luglio 2014

Ho investito tutto nella dignità dell’essere umano.

 
 
Le ha prese da parte e ha iniziato a raccontare il futuro. Un futuro in cui lui, il fondatore, non ci sarà più: e allora toccherà a loro, le ragazze. «Non sono superstizioso, e ho pensato che è adesso, nel momento del massimo splendore della mia azienda, che dovevo immaginare cosa diventerà nel prossimo secolo». Brunello Cucinelli, il re del cashmere italiano, a sessant’anni compiuti si porta avanti nel passaggio generazionale e dà vita ad un trust di cui sono beneficiarie le figlie Camilla, 32 anni, attualmente nel Cda, e Carolina, la più giovane, 23 anni.  
 
Più che un accordo, un patto di sangue: vi lascio tutto, a condizione che continuiate a seguire il mio esempio. Sting ha dichiarato che agli eredi non «darà neppure un penny». Cucinelli no, ma ha fissato delle regole. Semplici, eppure difficilissime: proteggere l’impresa e la Fondazione, preservare il borgo medioevale di Solomeo, ristrutturato e diventato sede dell’azienda e della famiglia. Soprattutto, alle figlie di Cucinelli, toccherà proseguire quella che l’imprenditore definisce «la nostra filosofia». La stessa che, tre anni fa, l’ha portato a regalare un premio extra di cinque milioni ai dipendenti, poco più di 6 mila euro a testa distribuiti alla vigilia di Natale. «Ho investito tutto nella dignità dell’essere umano», spiega. È per questo che tutti, manager e dipendenti, alle 18 in punto devono essere fuori dall’ufficio.  
«E’ da almeno vent’anni che cerco di immaginare il futuro del mio gruppo».  
 
L’ha fondato lui nel 1978, l’ha visto crescere, trasformarsi in icona del lusso, volare all’estero. Nell’anno terribile 2012 la Brunello Cucinelli è stata l’unica azienda a quotarsi alla Borsa di Milano. Nel bilancio del 2013 la voce ricavi ha sfondato quota 322 milioni di euro. Eppure l’imprenditore sa che restare ai vertici sarà complesso. Ha visto aziende sbranate dalle liti in famiglia, eredi che mandavano in fumo patrimoni. E ha pensato di «blindare» i valori costruiti in una vita. Il patto generazionale, per esempio. «Chi compie sessant’anni non può più ricoprire ruoli da manager, il ruolo diventa quello di consigliere senior - spiega -. È un modo per garantire giovinezza, continuità e contemporaneità. Se sei un bravo maestro e sai insegnare con garbo il giovane che sta al tuo fianco ti ascolterà con lo stesso garbo».  
 
Nei dettagli Cucinelli, che controlla la società attraverso la Fedone Srl (61,5% del capitale della maison della moda) ha istituito un trust irrevocabile, trasferendo ad Esperia Trust Company (del gruppo Banca Esperia), in qualità di trustee, l’intera partecipazione. Come previsto dall’atto di trust è stato nominato un comitato di cinque membri - tra cui le figlie - che affianchi l’amministratore Un «parlamentino» che avrà prevalentemente funzioni consultive. Ma Brunello Cucinelli non ha troppo voglia di raccontare le sfumature legali, i numeri. Per quello ci sono i comunicati, gli analisti. «Stiamo vivendo un momento di grandi cambiamenti. Questo progetto di custodia, che io e mia moglie abbiamo voluto fortemente, è fondamentale: continueremo a realizzare quelle opere che noi definiamo di “abbellimento dell’umanità”. E l’azienda resterà viva».  
 
Giuseppe Bottero - LA STAMPA del 26/6/2014

giovedì 26 giugno 2014

UNA BUONA STAGIONE

Centinaia di fiori in primavera, la luna in autunno, la brezza fresca d’estate, la neve d’inverno. Se non occupi la tua mente in inutili cose, ogni stagione è per te una buona stagione.
Proverbio zen

venerdì 13 giugno 2014

Nessuno può fare pipì per te


Come dice G. I. Gurdjieff:  “Nessuno può fare pipì per te”.
 
Tu sei l'unico che possa farlo. Se trovi, trovi. Quando si lavora spiritualmente nessuno ti trasmette niente. Sei solo tu a dover trovare dentro di te. Niente viene trasmesso.
 

giovedì 8 maggio 2014

È meglio parlare con gli sconosciuti

In montagna viene facile. Ci si saluta, si scambiano sorrisi, qualche parola. A volte notizie. Un incrocio di occhi e dialoghi veloce, il passo riprende confortato dallo scambio, informato che il torrente oggi è meglio evitarlo e che la meta è lì, poco oltre il sentiero. In ascensore è più complicato, «quell’altro» occupa il nostro spazio vitale. Il suo corpo, il suo respiro sono nell’area della nostra “bolla”. In genere si sceglie il silenzio accompagnato dall’urgente bisogno di verificare se gli angoli delle pareti sono realmente perpendicolari o la curiosità per i bottoni dei piani, forme e colori, e ci si scopre impegnati in un ossessivo interesse a qualsiasi targhetta della manutenzione. Tutto pur non incrociare lo sguardo del compagno di viaggio. Figuriamoci parlare. Può bastare un «buongiorno» a cambiare l’umore? A volte sì. Una chiacchiera, al caffè, un discorso, in autobus o in aereo, un’indicazione per strada migliorano la giornata. Non diventerà amicizia. E neppure si tratta di attaccar discorso in cerca di nuovi amori. Ma di pura relazione umana. Toccasana per l’umanità. Lo hanno dimostrato alcune ricerche della University of Chicago Booth School of Business, condotte da Nicholas Epley e Juliana Schroeder. «Molte persone sono convinte che la solitudine sia più piacevole dell’impegno in una conversazione», dice Epley, che oltre a essere docente di gestione delle organizzazioni e leadership efficaci, tiene un corso su come progettare una buona vita.
Le loro équipe hanno lavorato cogliendo quei momenti che sembrerebbero vuoti di relazioni reali, nelle sale d’attesa, su bus, treni e aerei. Che sono in realtà dense di rapporti, come ha dimostrato Paul Watzlawick, e la scuola di Palo Alto, antesignani e caposaldi delle neuroscienze: «Dato che il comportamento è comunicazione non è possibile non comunicare», sosteneva nella «Pragmatica della comunicazione umana» e «in ogni scambio comunicativo si crea una relazione sociale tra i comunicanti che va oltre la semplice trasmissione del messaggio». Per dimostrare che non solo esiste ma, se fatta in modo esplicito, la comunicazione fa bene, Epley e colleghi hanno reclutato i pendolari alle stazioni di Chicago chiedendo di rompere il paradigma secondo il quale non sta bene guardare uno sconosciuto e figuriamoci attaccar bottone. Nella sperimentazione (retribuita con un buono da 5 dollari al caffé) hanno chiesto a gruppi di persone di immaginare l’avvio di una conversazione in treno: Potrebbe essere piacevole? Avrebbero potuto sentirsi felici dopo?

Poi, divisi in «oratori» e «solitari», i pendolari hanno iniziato il loro viaggio, alcuni con il compito di scambiare quattro chiacchiere con sconosciuti, altri con quello di replicare la loro routine di pendolari silenziosi. Risultato? Tutti quelli che hanno chiacchierato hanno raccontato di aver vissuto momenti piacevoli. Non solo, anche gli estranei convolti avevano ammesso che il viaggio era stato più breve. «Sembravano tutti più felici, a differenza dei solitari», ha spiegato Epley. «C’è una sorta di riluttanza verso l’estraneo nelle nostre società, che si esprime in diversi modi», dice Oscar Brenifier, autore di «Il libro dei contrari filosofici» (Isbn) che nei suoi corsi di filosofia pratica insegna l’arte del dialogo. «Radicata soprattutto nei Paesi anglosassoni, dove il puritanesimo ha educato a una certa distanza, sia fisica sia psicologica. Mentre ci sono culture, come quella del Mediterraneo, per le quali è naturale parlare con un estraneo perché lo «straniero» ha rappresentato in passato possibilità di commercio. E, utilità a parte, la storia ha mostrato che spesso il dialogo anche con chi non si conosce è un’esperienza liberatoria, da cui deriva piacere e la sensazione di un successo personale».
Stilando un elenco dei benefici c’è chi racconta che una chiacchiera anche in aereo non è mai vuota, apre ad altre riflessioni, oppure che nella sala d’aspetto del dentista ha scoperto di essere capace di parlare o di sentirsi inserito nel mondo.. «Scopri che sei in contatto con il mondo», racconta Eleonora, pendolare nella tratta Milano-Pavia. «Non dimenticherò un anziano signore che aveva in mano una carta piena di numeri. Non era rassicurante. Ho avuto buon senso e ho sorriso. Era un matematico che si era trasferito per insegnare al Politecnico. È stata una conversazione ricca di spunti». A volte si tratta di incontri strepitosi: «Lo è stato scoprire che in metrò sedeva accanto a me un vecchio ragazzo che aveva partecipato all’ Olimpiade invernale del 1936», racconta Diego, sciatore appassionato. «Anche se ora tutti hanno le orecchie collegate ai cellulari e parlare diventa maleducato». Stilando un elenco dei benefici c’è chi racconta che una chiacchiera anche in aereo non è mai vuota, apre ad altre riflessioni.
«Quando si parla si riattivano i circuiti neuronali che espongono alle esperienze emotive», dice Enrica Quaroni di Modelli di Comunicazione docente di Programmazione neurolinguistica ai manager. «Si rafforza l’opinione di sé e dell’altro e si rimettono in circolo emozioni con cui si aveva il bisogno di fare i conti». Inoltre, continua Quaroni, si crea una variazione e anche se momentanea è abbastanza significativa da mettere in gioco l’apprendimento per differenza. «Certo si tratta di rompere la psicotrappola della difesa in anticipo», dice Giorgio Nardone, psicoterapeuta e fondatore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo. «Per le regole sociali la vicinanza non è dignitosa», dice Nardone, che ha da poco pubblicato Psicotrappole (Ponte alle Grazie). «Ci si difende e si crea così un circolo vizioso del rifiuto». Per dirla ancora con Paul Watzlawick: «Ogni evento della comunicazione è inserito in un circuito circolare per cui ogni evento è simultaneamente stimolo - risposta - rinforzo». Si comunica in modo globale. «Cominciando dal non verbale», puntualizza Nardone: uno sguardo, un sorriso con chiunque incontriamo innesca un processo di accoglienza, oltre ad attivare i neuroni specchio. Fa sentire le persone accettate, importanti. Poi si passa al dialogo e cioè allo scambio di intelligenze e prospettive. Il benessere dell’incontro con uno sconosciuto vale quanto una seduta terapeutica, ma come quella deve restare nel setting, con un inizio e una fine». Insomma né amici né amanti. Ciao, buongiorno e chissà.. forse di nuovo in questo tratto.

da Corsera - http://www.corriere.it/cultura/14_maggio_02/meglio-parlare-gli-sconosciuti-440b358a-d225-11e3-8ed3-fdcfbf1b09b2.shtml

domenica 4 maggio 2014

A mio padre di Gloria Rizzi

Sentire i passi nella notte...
seguire il tuo sguardo....e
in un attimo .. tutto sembra chiaro....
si delinea una forma precisa, attenta e sicura
La tua mano sulla mia spalla .....e la serenità improvvisamente mi invade..cancellando ogni tensione...
Poi il nulla ...e tutto è come prima...
La notte continua il suo cammino...
nell'oblio di quel magico momento.

domenica 27 aprile 2014

La Pace è ogni passo. Thich Nhat Hanh


Trascinati nel vortice della vita moderna, ci è sempre più facile perdere di vista quella Pace cui avremmo invece diritto in ogni momento.
 Thich Nhat Hanh, maestro zen, famoso in tutto il mondo ci insegna a sfruttare positivamente proprio quelle situazioni che di solito sono la causa di tensione e contrarietà.
Un libro illuminante che vi consiglio di leggere.

venerdì 18 aprile 2014

Gabriel García Márquez 1927-2014

VIVERE IL MORIRE 
Darei valore alle cose non per quello che valgono
ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più.
So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
perdiamo 60 secondi di luce di cioccolata.
Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
vestito con abiti semplici, mi sdraierei, al sole
e lascerei a nudo non solo il mio corpo
ma anche la mia anima.
Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
e aspetterei che si alzasse il sole.
Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh.
con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
sarebbe la mia serenata alla luna.
Bagnerei con le mie lacrime le rose
per sentire il dolore delle spine
ed il bacio vermiglio dei petali.
Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.
Convincerei ogni uomo ed ogni donna
che sono i miei favoriti
e vivrei innamorato dell'amore.
E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
quando pensano di smettere di innamorarsi
quando invecchiano senza sapere che invecchiano
quando smettono di innamorarsi.
Darei ad ogni bambino le ali
ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte
non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio.
Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini...
Ho imparato che tutti, al mondo,
vogliono vivere in cima alla montagna
senza sapere che la vera felicità
sta in come si sale la china.
Ho imparato che quando un neonato afferra,
per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.
Ho imparato che un uomo
ha diritto di guardare un'altro uomo
dall'alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
ma non mi serviranno davvero più a molto
perchè quando guarderanno in questa mia valigia,
infelicemente io starò.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-7948?f=a:334>

domenica 13 aprile 2014

Respirare e Camminare

Respirare e camminare coscientemente genera l’energia della consapevolezza. Questa energia riporta la mente al corpo facendoci vivere davvero nel momento presente, a contatto con le meraviglie che ci sono in noi e attorno a noi. Se riusciamo a riconoscere tali meraviglie, arriviamo immediatamente alla felicità. Aprendoci del tutto al momento presente, scopriamo che abbiamo già abbastanza motivi per essere felici: anzi, più che abbastanza.
Non abbiamo bisogno di andare a cercare qualcos’altro nel futuro né in nessun altro posto. Ecco cosa significa soffermarsi o risiedere felicemente nel presente.
                                 Thich Nhat Hanh, La pace è ogni respiro

lunedì 7 aprile 2014

Libri

Quanto più s'allarga la nostra conoscenza dei buoni libri,
tanto più si restringe il cerchio degli uomini la cui compagnia è gradita.

Ludwig Feuerbach (1804–1872)

mercoledì 5 marzo 2014

A chi esita di Bertolt Brecht 1898-1956

 Dici:
per noi va male. Il buio cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando si era appena cominciato.
E il nemico ci sta innanzi più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze.
Ha preso una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può negarlo.
Siamo sempre di meno.
Le nostre parole d’ordine sono confuse.
Una parte delle nostre parole
le ha stravolte il nemico
fino a renderle irriconoscibili.
Che cosa è errato ora, falso,
di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto?
Su chi contiamo ancora?
Siamo dei sopravvissuti, respinti,
via dalla corrente?
Resteremo indietro, senza comprendere
più nessuno e da nessuno compresi?
O contare sulla buona sorte?
Questo tu chiedi.
Non aspettarti nessuna risposta
oltre la tua.

lunedì 20 gennaio 2014

Vi auguro sogni a non finire di Jacques Brel

Vi auguro sogni a non finire
la voglia furiosa di realizzarne qualcuno
vi auguro di amare ciò che si deve amare
e di dimenticare ciò che si deve dimenticare
vi auguro passioni
vi auguro silenzi
vi auguro il canto degli uccelli al risveglio
e risate di bambini
vi auguro di resistere all’affondamento,
all’indifferenza, alle virtù negative della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto di essere voi stessi.

Jacques Brel

 

domenica 5 gennaio 2014

La mappa delle EMOZIONI

Espressioni come "ho il cuore spezzato" o "sento un brivido lungo la schiena" potrebbero avere un significato letterale, poiché le nostre emozioni si riflettono sul nostro corpo.  I ricercatori finlandesi dell'Università di Tampere sono riusciti addirittura a realizzare una mappa delle associazioni fra le parti del corpo e le emozioni collegate: scoprendo inoltre che la mappa è universale, ossia indipendente dalla cultura di appartenenza.

Numerosi studi hanno dimostrato che dal punto di vista biologico i meccanismi emozionali servono a preparare l'organismo ad affrontare le sfide incontrate nell'ambiente regolando l'attivazione differenziale del sistema nervoso cardiovascolare, muscolo-scheletrico, neuroendocrina, e autonomo.
Tuttavia, era ancora in dubbio se i cambiamenti corporei associati alle varie emozioni fossero sufficientemente specifici da spiegare le distinte sensazioni che le contraddistinguono.
Lo studio condotto da Lauri Nummenmaa e colleghi – che firmano “Proceedings of the National Academy of Sciences” -  ha preso in esame 701 soggetti, in parte di cultura occidentale e in parte di cultura cinese, ai quali sono stati proposti racconti, filmati, espressioni facciali, parole emotivamente significative, chiedendo loro di indicare su due sagome di un corpo umano quali parti percepivano come più attivate e meno attivate del normale quando veniva loro presentato uno stimolo emotivo.
Una mappa delle sensazioni fisiche associate alle emozioni
In giallo e rosso le aree percepite come più attive e in blu quelle percepite come meno attive mentre si sperimentano le diverse emozioni. (Cortesia L. Nummenmaa et al./PNAS)

Le sensazioni agli arti superiori sono così risultate più importanti nelle emozioni orientate all'approccio come rabbia e felicità, mentre una sensazione di ridotta attività agli arti è una caratteristica distintiva della tristezza. Le sensazioni che coinvolgono il sistema digestivo e la regione della gola sono state trovate particolarmente marcate nel disgusto. A differenza di tutte le altre emozioni, che sono collegate a regioni specifiche, la felicità è invece risultata associata a un miglioramento delle sensazioni in tutto il corpo.
Inoltre, le emozioni complesse (ansia, amore, depressione, disprezzo, orgoglio, vergogna, invidia) hanno mostrato una correlazione alle sensazioni corporee più debole rispetto alle cosiddette emozioni primarie (rabbia, paura, disgusto, felicità, tristezza e sorpresa), con l'eccezione di ansia e depressione, che mostravano una strettissima somiglianza con gli stati emotivi primari rispettivamente di paura e tristezza.
Anche se alcune parti del corpo sono risultate quasi sempre coinvolte – in particolare la testa, quasi sempre più attivata del normale - dall'analisi complessiva delle risposte è apparso che alle diverse emozioni corrispondevano mappe corporee statisticamente ben distinguibili, che le aree coinvolte corrispondono bene ai più importanti cambiamenti fisiologici associati alle diverse emozioni, e che le mappe erano sostanzialmente la stesse sia nelle persone di cultura occidentale sia in quelle di cultura orientale.

Fonte: http://www.lescienze.it/news/2014/01/02/news/mappa_corporea_emozioni_percezione-1945453/

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