mercoledì 20 marzo 2013

Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra di

Agli inizi degli anni Trenta un avventuroso inglese di nome Paul Brunton fece un lungo viaggio in India sulle tracce della sua sapienza che lui vedeva minacciata dall’irresistibile avanzata della mentalità occidentale.  Brunton incontra un vecchi yogi che nel corso della conversazione gli dice: “Solo quando i sapienti occidentali rinunceranno a inventare macchine che corrono più svelte di quelle che già avete e cominceranno invece a guardare dentro di sé, la vostra razza scoprirà un po’ di vera felicità. Lei non crederà che il viaggiare sempre più velocemente renda la vostra gente più felice?”
Sono passati più di settant’anni. Molti indiani sono capaci ancora oggi a porci quella domanda. Ma noi ce la siamo mai posta?Pare proprio di no, visto che il correre sempre più velocemente è diventato il nostro modo di essere. Tutto è ormai una corsa. Si vive senza fare più attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare, a rimandare a poi quel che si vorrebbe davvero. Sul poi, non sull’ora, si concentra l’attenzione. Nella città in particolare la vita passa senza un solo momento di riflessione, senza un solo momento di quiete che bilanci la continua corsa al fare. Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.

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