- Lascia andare le persone che solo condividono lamentele, problemi, storie disastrose, paura e giudizio sugli altri. Se qualcuno cerca un cestino per buttare la sua immondizia, fa sì che non sia la tua mente.
- Paga i tuoi debiti in tempo. Nel contempo fai pagare a chi ti deve o scegli di lasciarlo andare, se ormai non lo può fare.
- Mantieni le tue promesse. Se non l’hai fatto, domandati perché fai fatica. Hai sempre il diritto di cambiare opinione, scusarti, compensare, rinegoziare e offrire un’alternativa ad una promessa non mantenuta; ma non farlo diventare un’abitudine. Il modo più semplice di evitare di non fare una cosa che prometti di fare e dire NO subito.
- Elimina nel possibile e delega i compiti che preferisci non fare e dedica il tuo tempo a fare quelli che ti piacciono.
- Permettiti di riposare quando ti serve e datti il permesso di agire se hai un’occasione buona.
- Dà priorità alla tua salute, senza il macchinario del tuo corpo lavorando al massimo, non puoi fare molto. Fai delle pause.
- Affronta le situazioni tossiche che stai tollerando, da riscattare un amico o un famigliare, fino a tollerare azioni negative di un compagno o un gruppo; prendi l’azione necessaria.
- Accetta. Non per rassegnazione, ma niente ti fa perdere più energia di litigare con una situazione che non puoi cambiare.
- Perdona, lascia andare una situazione che è causa di dolore, puoi sempre scegliere di lasciare il dolore del ricordo.
giovedì 12 dicembre 2013
I DIECI LADRI DELLA TUA ENERGIA - Dalai Lama
giovedì 5 dicembre 2013
E' morto Nelson Mandela, si è spenta la luce del mondo.
Death is something inevitable. When a man has done what he considers to be his duty to his people and his country, he can rest in peace. I believe I have made that effort and that is, therefore, why I will sleep for the eternity. ~ Nelson Mandela 1996
La morte è qualcosa di inevitabile. Quando un uomo ha fatto ciò che considera giusto per la sua gente e il suo Paese, può riposare in pace. Io credo di aver fatto ciò che dovevo e posso per questo riposare per l'eternità. Nelson Mandela
sabato 30 novembre 2013
Basket in carrozzina
Una partita di basket tra agonismo, azioni concitate, canestri ed un finale a sorpresa.
Un bell'esempio di come si possano fare spot pubblicitari emozionanti ed etici.
domenica 10 novembre 2013
mercoledì 6 novembre 2013
ITACA di Costantino Kavafis
Quando partirai, diretto ad Itaca,
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.
durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l'emozione
non saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell'anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.
Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d'estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v'è di meglio.
Vai alle città dell'Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.
Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l'ancora sull'isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
né il furioso Poseidone;durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l'emozione
non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito.
I lestrigonu e i Ciclopi e il furioso Poseidonenon saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell'anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.
Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d'estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v'è di meglio.
Vai alle città dell'Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.
Non perdere di vista Itaca,
poichè giungervi è il tuo destino.Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l'ancora sull'isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perché sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.
domenica 27 ottobre 2013
I tre setacci di Socrate
Un giorno Socrate fu avvicinato da un uomo in piena agitazione che gli disse:
«Ascolta Socrate, ti devo raccontare qualcosa d’importante sul tuo amico.»
«Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, «hai fatto passare ciò che mi vuoi raccontare attraverso i tre setacci?»
«Tre setacci?», chiese l'altro meravigliato.
«Sì, mio caro, vediamo se ciò che mi vuoi raccontare passa attraverso i tre setacci. Il primo setaccio è quello della verità: sei convinto che tutto quello che mi vuoi dire sia vero?»
«In effetti no, l’ho solo sentito raccontare da altri.»
«Ma allora l’hai almeno passato al secondo setaccio, quello della bontà?
«Ascolta Socrate, ti devo raccontare qualcosa d’importante sul tuo amico.»
«Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, «hai fatto passare ciò che mi vuoi raccontare attraverso i tre setacci?»
«Tre setacci?», chiese l'altro meravigliato.
«Sì, mio caro, vediamo se ciò che mi vuoi raccontare passa attraverso i tre setacci. Il primo setaccio è quello della verità: sei convinto che tutto quello che mi vuoi dire sia vero?»
«In effetti no, l’ho solo sentito raccontare da altri.»
«Ma allora l’hai almeno passato al secondo setaccio, quello della bontà?
Anche se quello che vuoi raccontare non è del tutto vero, è almeno qualcosa di buono?»
L’uomo rispose esitante: «Devo confessarti di no, piuttosto il contrario…»
«E hai pensato al terzo setaccio? Ti sei chiesto a che serva raccontarmi queste cose sul mio amico? Serve a qualcosa?»
«Beh, veramente no…»
«Vedi?», continuò il saggio, «Se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, né buono, né utile, allora preferisco non saperlo e ti consiglio di dimenticarlo».
L’uomo rispose esitante: «Devo confessarti di no, piuttosto il contrario…»
«E hai pensato al terzo setaccio? Ti sei chiesto a che serva raccontarmi queste cose sul mio amico? Serve a qualcosa?»
«Beh, veramente no…»
«Vedi?», continuò il saggio, «Se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, né buono, né utile, allora preferisco non saperlo e ti consiglio di dimenticarlo».
domenica 20 ottobre 2013
lunedì 14 ottobre 2013
PAROLE di Gloria Rizzi
Ho scelto questo titolo perché esprime un insieme di
pensieri che ogni giorno la nostra mente produce buoni o cattivi che siano.
Molto spesso escono dalla nostra mente in modo
involontario, ma sempre perché dettati da sentimenti contrastanti che viviamo
ogni secondo della nostra vita.
Pensate a quante volte vi siete pentiti di quello che
avete detto, "perchè l'ho detto?", "se tornassi indietro non
parlerei più così "ovvero "oggi che bel discorso ho fatto, sono stato
bravo!"
Ecco ogni volta però le parole sono mosse da
sentimenti, sentimenti che ognuno di noi in modi diversi prova.
Il sentimento per me è tutto, è una continua
dimostrazione di quanto possa valere e avere importanza la presenza di persone
nella nostra vita.
Ho sempre pensato che chi prova sentimenti profondi, possa
affrontare la vita con una marcia in più, capire il pensiero dell'altro senza
parlare, comprendendo il tormento o la gioia, il dolore o la felicità.
Quando
riesci a comprendere l'anima di una persona, chiunque essa sia, hai raggiunto la
piena consapevolezza che la tua anima è completa, che hai fatto un passo avanti
verso quell'equilibrio e quella serenità a cui tutti aspiriamo.
I sentimenti ci
travolgono anche quando non li vogliamo, anche quando sono purtroppo
indipendenti dalla nostra volontà e ci portano a situazioni per noi negative, ma
come penso fortemente, se è vero che la vita fa dei percorsi delineati magari di
sofferenza o di felicità e la nostra mente produce sentimenti profondi, tutto
può accadere, se fortemente credi, tutto può succedere. Il tempo come spesso è un
luogo comune affermare cura le ferite, ma le cicatrici che ci rimangono?
Solo
guardando con una grande profondità dentro noi stessi e con la certezza di
provare sentimenti profondi puoi riuscire ad apprezzare quello che nella
quotidianità molte volte dimentichiamo , che spesso le piccole cose fanno la
differenza. Ogni giorno cerco di pensare a questo e di fare qualche passo
avanti...non è facile, ma con l'aiuto di tanti tanti sentimenti positivi che mi
hanno trasmesso persone vicine a me cerco di migliorare!
"Sviluppa l'attitudine di scegliere pensieri che ti
fanno sentire bene e dopo un po' non avrai un'altra scelta" J. Faulkner.
Lo stesso vale per i sentimenti "Sviluppa sentimenti
profondi verso te stesso e gli altri e presto la tua capacità di amare ed
apprezzare non avrà limiti".
mercoledì 9 ottobre 2013
venerdì 4 ottobre 2013
TRE RAGIONI PER ESSERE FELICI
La prima ragione è quando mi sveglio, perchè ho tutta una giornata davanti a me per fare bene tutto ciò che non ho potuto fare ieri, e quindi sono felice.
La seconda ragione è a mezza giornata, perchè, se non sono riuscito a fare molto, ho ancora davanti a me una mezza giornata per migliorare e me ne rallegro.
La terza ragione è alla sera, perchè la giornata è finita e se è andata bene sono felice, se invece è andata male sono felice che sia finita.
La seconda ragione è a mezza giornata, perchè, se non sono riuscito a fare molto, ho ancora davanti a me una mezza giornata per migliorare e me ne rallegro.
La terza ragione è alla sera, perchè la giornata è finita e se è andata bene sono felice, se invece è andata male sono felice che sia finita.
Detto cinese
martedì 24 settembre 2013
La Felicità Duratura
La felicità è questione profonda. Anche per la nostra salute: tanto che, oltre ai benefici sulla psiche, esistono oggi studi che raccontano come davvero perseguire obiettivi positivi e godere dei risultati raggiunti faccia bene al corpo e alla mente. Ringiovanendo e garantendo maggior resistenza alle malattie, al naturale invecchiamento e dando al nostro organismo l’opportunità di proteggersi meglio dai fattori esterni. Un anticorpo sottoforma di sorriso. E' quel che sostiene uno studio, opera dei ricercatori americani dell’università della Carolina del Nord e appena pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences: la felicità ci rende forti, ma in modi molto diversi a seconda del tipo. In sintesi una felicità temporanea data da una bella emozione, equivale a uno stress negativo, abbassando gli anticorpi e mettendoci in una condizione di debolezza. Al contrario, la felicità più duratura aiuta a rafforzare anticorpi e funzioni antinfiammatorie e antivirali.
DUE FELICITÀ – I ricercatori hanno infatti analizzato un gruppo di 80 persone, studiandone il sistema immunitario in differenti condizioni di felicità. Per tutto il gruppo ricorreva la caratteristica di non vivere momenti di stress negativo o di dolore e rabbia. E hanno scoperto come, a seconda del tipo di gioia vissuta, i tessuti del gruppo rispondevano in modo diverso alle sollecitazioni esterne. Per riuscire a isolare i fattori, i ricercatori hanno dunque diviso le esperienze vissute dal campione, usando la differenziazione cara ai filosofi e agli psicologi tra prospettiva di benessere edonica e eudaimonica. Quando si incorreva nella prima – quella legata alla gioia immediata delle piccole cose, come il profumo di un fiore, una coppa di buon gelato, un bacio o un acquisto azzeccato – ricorrevano nel corpo umano situazioni legate allo stress. Quando invece si mostrava soprattutto la seconda – quella che Aristotele definiva il più alto dei beni, legata alla felicità duratura del perseguire i propri obiettivi trovando così se stessi – cambiava completamente la risposta fisiologica della persona analizzata.
Come ricorda la ricercatrice che ha condotto lo studio, la professoressa di psicologia Barbara Fredrickson. «È bene ricordare che i pensieri e momenti positivi fanno bene in entrambe i casi di felicità. Ma le emozioni che proviamo oggi, contribuiranno in qualche modo a dire chi saremo in futuro, anche a livello cellulare».
CORSERA 31 luglio 2013
11 47
venerdì 20 settembre 2013
STRADE di Carlos Castaneda
Ogni strada è soltanto una tra un milione di strade possibili.
Perciò dovete sempre tenere presente che una via è soltanto una via.
Se sentite di non doverla seguire, non siete obbligati a farlo in nessun caso.
Ogni via è soltanto una via.
Non è un affronto a voi stessi o ad altri abbandonarla,
se è questo che vi suggerisce il cuore.
Ma la decisione di continuare per quella strada, o di lasciarla,
non deve essere provocata dalla paura o dall’ambizione.
Vi avverto: osservate ogni strada attentamente e con calma.
Provate a percorrerla tutte le volte che lo ritenete necessario.
Poi rivolgete una domanda a voi stessi, e soltanto a voi stessi.
Questa strada ha un cuore?
Tutte le strade sono eguali.
Non conducono in nessun posto.
Ci sono vie che passano attraverso la boscaglia, o sotto la boscaglia.
Questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta.
Se ce l’ha è una buona strada.
Se non ce l’ha, è da scartare.
Perciò dovete sempre tenere presente che una via è soltanto una via.
Se sentite di non doverla seguire, non siete obbligati a farlo in nessun caso.
Ogni via è soltanto una via.
Non è un affronto a voi stessi o ad altri abbandonarla,
se è questo che vi suggerisce il cuore.
Ma la decisione di continuare per quella strada, o di lasciarla,
non deve essere provocata dalla paura o dall’ambizione.
Vi avverto: osservate ogni strada attentamente e con calma.
Provate a percorrerla tutte le volte che lo ritenete necessario.
Poi rivolgete una domanda a voi stessi, e soltanto a voi stessi.
Questa strada ha un cuore?
Tutte le strade sono eguali.
Non conducono in nessun posto.
Ci sono vie che passano attraverso la boscaglia, o sotto la boscaglia.
Questa strada ha un cuore? E’ l’unico interrogativo che conta.
Se ce l’ha è una buona strada.
Se non ce l’ha, è da scartare.
Tratto dal libro Gli insegnamenti di don Juan (A Scuola dallo Stregone) di Carlos Castaneda
martedì 10 settembre 2013
Il vecchio con il cucchiaino di porcellana di Alejandro Jodorowsky.
C'è una montagna enorme che con la sua ombra nasconde un villaggio. Per mancanza d’irradiazione solare i bambini crescono rachitici. Un bel giorno gli abitanti del paese vedono il più anziano di loro uscire dal villaggio con in mano un cucchiaino di porcellana.
“Dove vai?” gli chiedono.
“Vado alla montagna” risponde
“Perché?”
“Per spostarla.”
“Con che cosa?”
“Con questo cucchiaino di porcellana.”
“Ma tu sei matto! Non ci riuscirai mai!”
“So che non riuscirò mai a spostarla, però qualcuno deve pur cominciare."
giovedì 5 settembre 2013
domenica 1 settembre 2013
Nostalgia
I ricordi mi forniscono la misura della nostalgia, é una cosa diversa dal rimpianto. La nostalgia da valore al passato, a ció che si é fatto. Il rimpianto é la paura per un passato che non passa, che abbiamo mancato.
Riccardo Muti
Riccardo Muti
mercoledì 31 luglio 2013
BUONE VACANZE
Uno dei sintomi dell'arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente importante. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro.
Bertrand Russell, La conquista della felicità, 1930
Bertrand Russell, La conquista della felicità, 1930
venerdì 26 luglio 2013
Analisi delle gestioni integrate di Antonio Albanese
Sono un dirigente faccio l'analisi delle gestioni integrate.
Voi mi chiederete cos'è l'analisi delle gestioni integrate?
martedì 23 luglio 2013
Breve nota sulla differenza tra agire e fare di Fabio Gabrielli
La nota distinzione aristotelica tra “agire”, dare un senso, una direzione di marcia al proprio stare al mondo, e “fare”, limitarsi ad eseguire un compito, ci interpella in tutta la sua portata esistenziale, in un’epoca dove l’abulia delle coscienze, l’infiacchimento della meditazione, la rottamazione delle idee appaiono sempre più pervasive e inquietanti.
L’ambiguità tipica della modernità si manifesta a tutto tondo nelle luminose scoperte scientifiche, nelle grandi innovazioni tecnologiche e, di contro, nel pensiero unico, monocorde, nella comunicazione invisibile poiché abitata da linguaggi sempre identici, nella ideazione rattrappita, nello sguardo ripiegato su se stesso poiché privo di tensione contemplativa.
Da qui l’urgenza di recuperare l’agire come progettazione nel mondo e per il mondo di un’articolazione di senso compiuta, di un percorso della coscienza alternativo a quello serializzante indotto dal sistema dei bisogni che seduce e delude con meccanica, implacabile ripetitività. L’agire, tuttavia, diviene progetto di senso solo se lascia spazio alla dialettica tra silenzio e dubbio. Il silenzio, come pausa della parola che indaga se stessa, come temporaneo congedo dal quotidiano per rivisitarlo con occhi nuovi, rinvia da sempre al dubbio. La sospensione della parola e della visione comune, standardizzata, apre, infatti, fecondi squarci dubitativi su quello che acriticamente accatastiamo nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, o meglio nel nostro “fare”, nel nostro assolvere in modo impersonale ad un compito.
Il dubbio non è uno stile di vita, bensì un metodo critico di discernimento, uno spazio pre-veritativo che permette al soggetto, dopo la messa in discussione “silenziosa” delle diverse alternative, dei diversi paradigmi di vita, di compiere una scelta veritativa vincolante, in base alla quale determinare il senso ultimativo del proprio esistere qui e ora.
L’ambiguità tipica della modernità si manifesta a tutto tondo nelle luminose scoperte scientifiche, nelle grandi innovazioni tecnologiche e, di contro, nel pensiero unico, monocorde, nella comunicazione invisibile poiché abitata da linguaggi sempre identici, nella ideazione rattrappita, nello sguardo ripiegato su se stesso poiché privo di tensione contemplativa.
Da qui l’urgenza di recuperare l’agire come progettazione nel mondo e per il mondo di un’articolazione di senso compiuta, di un percorso della coscienza alternativo a quello serializzante indotto dal sistema dei bisogni che seduce e delude con meccanica, implacabile ripetitività. L’agire, tuttavia, diviene progetto di senso solo se lascia spazio alla dialettica tra silenzio e dubbio. Il silenzio, come pausa della parola che indaga se stessa, come temporaneo congedo dal quotidiano per rivisitarlo con occhi nuovi, rinvia da sempre al dubbio. La sospensione della parola e della visione comune, standardizzata, apre, infatti, fecondi squarci dubitativi su quello che acriticamente accatastiamo nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, o meglio nel nostro “fare”, nel nostro assolvere in modo impersonale ad un compito.
Il dubbio non è uno stile di vita, bensì un metodo critico di discernimento, uno spazio pre-veritativo che permette al soggetto, dopo la messa in discussione “silenziosa” delle diverse alternative, dei diversi paradigmi di vita, di compiere una scelta veritativa vincolante, in base alla quale determinare il senso ultimativo del proprio esistere qui e ora.
Ora, l’uomo venendo all’essere si determina originariamente come “azione” perché viene a trovarsi entro uno spazio aperto di possibilità, anzi egli stesso è l’apertura di questo spazio. Una volta posto in questo spazio, l’uomo deve inevitabilmente orientarsi in esso […] pena il perdersi.
Salvatore Natoli, Il buon uso del mondo. Agire nell’età della tecnica, Mondadori, Milano 2010
martedì 16 luglio 2013
LIFE WITHOUT TELEVISION
“Hai visto ieri sera quel programma che parlava di…”
“Non l'ho visto, non ho la TV”
A questa riposta vedo nelle facce dei miei interlocutori un misto di
incredulità e compassione, mi guardano come se appartenessi ad un club di
eccentrici snob.
Chiarisco che vivo senza TV per scelta, non è una questione ideologica,
semplicemente quando il vecchio apparecchio a tubo catodico ha smesso di
funzionare è stato quasi naturale non rimpiazzarlo.
"Ma come fai ad essere aggiornato su ciò che succede nel mondo?" è
la giusta replica.
C'è internet, ci sono i giornali e c'è la radio che volendo non fanno
mancare notizie e approfondimenti. La mia risposta non convince.
Spesso penso alla collocazione che l'elettrodomestico ha nelle case e mi
accorgo che gli viene riservato il posto d’onore a tavola o nel salotto, è
eletto a commensale autoritario che non accetta repliche inducendo i presenti a credere
che la realtà sia quella trasmessa.
Così un acquazzone diventa una tempesta, un evento criminale fa credere che
tutta quella parte del mondo sia pericolosa, un politico corrotto convince che
tutta la politica sia sporca. Se proviamo ad uscire di casa a volte
costatiamo che un temporale è solo acqua e vento, che alcuni paesi lontani sono più sicuri del nostro e che esistono
amministratori onesti e servizievoli.
Siamo spaventati da cose che non ci riguardano e stiamo perdendo la capacità
di pensare alla realtà come qualcosa di complesso e soggettivo.
La telecamera che inquadra ci offre una prospettiva ridotta della scena, il mondo
non è miniaturizzabile in pochi centimetri di schermo, le persone non sono
condensabili in poche sintetiche battute strappate dal giornalista e la vita
non sempre è una fiction o un gioco a premi.
Prova a fare un esperimento rivoluzionario, non spegnere la TV ma a portala
in soffitta per un po’ di tempo e forse ti accorgerai che è bello parlare con
chi ti sta di fronte, leggere, uscire di
casa e farsi una passeggiata o fare tutte quelle cose che a volte non facciamo
con la scusa di avere poco tempo.
Se il test non funziona puoi sempre ricollocarla al suo posto infilare la
spina nella presa e riprendere le
trasmissioni.
A volte mi manca lo confesso, ma il pensiero passa veloce non appena mi accorgo
di quanto quel muro vuoto sia una forma di pienezza e felicità.
Smetti di guardare la vita degli altri ma vivi la tua da protagonista e
scoprirai che può essere più bella e sorprendente di quella che trasmettono.
Antonio Zanaboni
CoachInCammino
lunedì 15 luglio 2013
L'arte del distacco
Molti fanno resistenza all’idea che il distacco sia necessario per il risveglio della consapevolezza e per rafforzarsi. Dietro c’è spesso la convinzione che il distacco sia un approccio freddo alla vita, o che sia un modo per evitare le responsabilità.
La verità è l’opposto. E’ solo quando “lasci andare” ciò a cui sei attaccato che crei lo spazio perché il nuovo si manifesti. Ed è solo quando sei distaccato in situazioni di crisi e caos che puoi essere di vera utilità agli altri che sono presi dalle emozioni.
Ma come ci si distacca? Come fare un passo indietro e creare lo spazio per vedere più chiaramente ed essere liberi dalle tante influenze che ci circondano? Ecco sette modi per distaccarsi. La verità è l’opposto. E’ solo quando “lasci andare” ciò a cui sei attaccato che crei lo spazio perché il nuovo si manifesti. Ed è solo quando sei distaccato in situazioni di crisi e caos che puoi essere di vera utilità agli altri che sono presi dalle emozioni.
1. Cambia la tua relazione: da essere colui che possiede, diventa il fiduciarioUsa questa posizione mentale quanto diventi troppo attaccato a ciò che possiedi. Non puoi possedere nulla. Sei solo un affidatario di tutto ciò che costituisce la tua vita finché non arriva il momento in cui qualcun altro ne usufruirà.
2. Lascia andareConsidera questo approccio quando sei aggrappato a una specifica opinione/posizione. La prossima volta che ti trovi impegnato in una disputa disarma l’altro dicendo:”Non sono d’accordo con te, ma accetto il tuo punto di vista. Parlamene di più affinché possa capire perché tu la pensi così”.
3. Pratica il dare
Usa questo metodo quando ti accorgi che vuoi o desideri sempre qualcosa dagli altri. Quando vuoi qualcosa, sei già attaccato all’oggetto del tuo desiderio. Quasi tutti apprendiamo questa abitudine fin dalla nascita, “cantando” spesso: “Dammi, dammi, dammi!” Spezza quest’abitudine praticando il dare coscientemente.
Usa questo metodo quando ti accorgi che vuoi o desideri sempre qualcosa dagli altri. Quando vuoi qualcosa, sei già attaccato all’oggetto del tuo desiderio. Quasi tutti apprendiamo questa abitudine fin dalla nascita, “cantando” spesso: “Dammi, dammi, dammi!” Spezza quest’abitudine praticando il dare coscientemente.
4. Raffigurati mentalmente risultati diversiApplica questo modo quando hai paura di cambiare e/o quando sei aggrappato a qualche forma di auto-limitazione (es. “non riesco”). Tutti gli atleti conoscono il potere che viene dalla rappresentazione mentale o visualizzazione. Prenditi alcuni minuti per visualizzare positivamente il futuro e ti sentirai abbastanza libero da affrontare quel che verrà e, con la pratica, diventa creatore cosciente del tuo futuro.
5. Non identificarti con la situazione/risultato
Usa questa posizione mentale con qualsiasi processo, in qualsiasi momento e dovunque nella vita. Ciò significa semplicemente non far dipendere la tua felicità da qualcosa fuori di te stesso, specialmente dai risultati delle azioni tue o degli altri. Sii felice qualsiasi cosa arrivi. La felicità è una scelta e una decisione, non un’esperienza sporadica o una dipendenza.
Usa questa posizione mentale con qualsiasi processo, in qualsiasi momento e dovunque nella vita. Ciò significa semplicemente non far dipendere la tua felicità da qualcosa fuori di te stesso, specialmente dai risultati delle azioni tue o degli altri. Sii felice qualsiasi cosa arrivi. La felicità è una scelta e una decisione, non un’esperienza sporadica o una dipendenza.
6. Immagina che sia qualcun altro a essere impegnato nella situazione, come si comporterebbe?Utilizza questo pensiero quando il tuo attaccamento influenza la tua abilità di interagire con gli altri. Prenditi un momento per immaginare come qualcuno di cui apprezzi la saggezza tratterebbe la situazione. Ciò allenta la presa che hai sul “modo tuo” e le tue reazioni abituali.
7. Guarda la situazione con gli occhi dell’altro
Questo è adatto a ogni situazione conflittuale, ti costringe a lasciar andare l’attaccamento a un unico punto di vista, il tuo, e a generare comprensione ed empatia. Chiedi e ascolta, chiedi e ascolta, chiedi e ascolta è il segreto della comprensione del punto di vista degli altri. Così facendo vedrai attraverso gli occhi di un altro e lascerai andare il tuo punto di vista più facilmente.
Questo è adatto a ogni situazione conflittuale, ti costringe a lasciar andare l’attaccamento a un unico punto di vista, il tuo, e a generare comprensione ed empatia. Chiedi e ascolta, chiedi e ascolta, chiedi e ascolta è il segreto della comprensione del punto di vista degli altri. Così facendo vedrai attraverso gli occhi di un altro e lascerai andare il tuo punto di vista più facilmente.
Domanda: Quali tra le strategie descritte potresti usare immediatamente?
Riflessione: Prenditi un momento e rifletti sulla ragione per cui ti attacchi agli altri e perché l’amore non è attaccamento.
Azione: Fai un piano per usare ogni punto dato nei prossimi sette giorni o sette settimane. Poi mettilo in pratica.
Fonte: www.lifegate.it/it/homeRiflessione: Prenditi un momento e rifletti sulla ragione per cui ti attacchi agli altri e perché l’amore non è attaccamento.
Azione: Fai un piano per usare ogni punto dato nei prossimi sette giorni o sette settimane. Poi mettilo in pratica.
venerdì 12 luglio 2013
Arrendersi al corpo di Alexander Lowen
L'idea della resa è impopolare per l'individuo moderno, il cui orientamento si basa sull'idea che la vita sia una lotta, un combattimento, o quanto meno una contesa. Molte persone considerano la vita un'attività che tende a un qualche conseguimento, a un qualche successo. L'identità personale spesso è più legata all'attività della persona che al suo essere. [...]
Senza una resa dell'Io narcisistico non è possibile abbandonarsi all'amore. Senza tale abbandono, la gioia è impossibile. Resa non significa [...] sacrificio dell'Io. Significa invece che l'Io riconosce il proprio ruolo subordinato al sé, la propria funzione di organo di coscienza e non di padrone del corpo. [...]
La parte oscura, la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà: la volontà è impotente a regolare o coordinare i complessi processi biochimici e biofisici del corpo, è impotente a influire sul metabolismo del corpo, da cui dipende la nostra vita. E questo è un concetto molto rassicurante perché, se fosse vero il contrario, la vita si spezzerebbe al primo fallimento della volontà. [...]
Le illusioni sono difese dell'Io contro la realtà [...]. La salute emotiva è la capacità di accettare la realtà e di non sottrarsi a essa. La nostra realtà di base è il nostro corpo. [...] Ogni parte del corpo contribuisce al nostro senso del sé, se siamo in contatto con essa. E possiamo avere questo contatto solo se è viva e mobile. Quando ogni parte del corpo è carica e vibrante, ci sentiamo vivi in modo vibrante e felici. Ma perché ciò accada dobbiamo arrenderci al corpo e ai suoi sentimenti.
Questa resa significa lasciare che il corpo diventi pienamente vivo e libero. Significa non tradirlo e non controllarlo. Il corpo non è una macchina che noi dobbiamo avviare o fermare. Possiede una sua mente e sa cosa deve fare. In realtà, ciò a cui rinunciamo è l'illusione del potere della mente.
Fare è l'opposto di arrendersi. Fare è una funzione dell'Io, mentre arrendersi al corpo esige un abbandono dell'Io. [...]
Naturalmente, quando il sentire è assente o ridotto, si cerca un significato alla vita oltre il sé.
La parte oscura, la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà: la volontà è impotente a regolare o coordinare i complessi processi biochimici e biofisici del corpo, è impotente a influire sul metabolismo del corpo, da cui dipende la nostra vita. E questo è un concetto molto rassicurante perché, se fosse vero il contrario, la vita si spezzerebbe al primo fallimento della volontà. [...]
Le illusioni sono difese dell'Io contro la realtà [...]. La salute emotiva è la capacità di accettare la realtà e di non sottrarsi a essa. La nostra realtà di base è il nostro corpo. [...] Ogni parte del corpo contribuisce al nostro senso del sé, se siamo in contatto con essa. E possiamo avere questo contatto solo se è viva e mobile. Quando ogni parte del corpo è carica e vibrante, ci sentiamo vivi in modo vibrante e felici. Ma perché ciò accada dobbiamo arrenderci al corpo e ai suoi sentimenti.
Questa resa significa lasciare che il corpo diventi pienamente vivo e libero. Significa non tradirlo e non controllarlo. Il corpo non è una macchina che noi dobbiamo avviare o fermare. Possiede una sua mente e sa cosa deve fare. In realtà, ciò a cui rinunciamo è l'illusione del potere della mente.
Fare è l'opposto di arrendersi. Fare è una funzione dell'Io, mentre arrendersi al corpo esige un abbandono dell'Io. [...]
Naturalmente, quando il sentire è assente o ridotto, si cerca un significato alla vita oltre il sé.
Il sentire vero svuota la vita di una sua presunta direzionalità, di un suo presunto senso. Si esce dalla banale retorica di frasi patetiche quali dare un senso alla vita, cercare un posto nel mondo, avere uno scopo. Per non parlare di quella bestemmia somma costituita dalla parola ambizione.Invece: resa, abbandono. E farsi fluire, lasciarsi andare. Lasciarsi andare: non più io vado, ma sono lasciato andare, sono portato, sono condotto. Sono fluito. Ovvero: sono arreso al mio corpo, da lui accudito. Più mi arrendo e più sento la sua potenza, la sua forza, la sua inderogabile verità. La verità del corpo, la verità della natura, la verità della materia, la verità della terra, la verità del sentire.
Non più il soggetto che produce l'azione, ma l'azione che si impone in un soggetto volatilizzato nella sua esposizione al reale, alla potenza della datità dell'istante presente.
Non più il soggetto che produce l'azione, ma l'azione che si impone in un soggetto volatilizzato nella sua esposizione al reale, alla potenza della datità dell'istante presente.
Come un ubriaco per strada, ma che sente nel suo inciampo il senso del mondo.
mercoledì 10 luglio 2013
Amelia Earhart - Le paure sono tigri di carta.
La cosa più difficile è la decisione iniziale di agire, il resto è solo tenacia.
Le paure sono tigri di carta.
Amelia Earhart nasce il 24 luglio 1897 ad Atchinson (Kansas) e passa alla storia per essere stata la prima donna ad attraversare in solitaria l'Oceano Atlantico nel 1932. Ricordata tutt'oggi come eroina americana nonché come uno dei più capaci e celebrati aviatori del mondo, è un esempio di coraggio e spirito d'avventura tutto al femminile.
All'età di soli 10 anni e dopo una gita nei cieli di Los Angeles, Amelia Earhart incontra la passione della sua vita: librarsi nelle limpide immensità delle volte celesti. Imparerà a volare diversi anni dopo, prendendo l'aviazione come un hobby, spesso accettando ogni tipo di lavoro per mantenersi alle costose lezioni. Nel 1922 infine compra il suo primo aeroplano con il sostegno economico della sorella Muriel e della madre.
Il 1928 a Boston Amelia viene scelta da George Palmer Putnam, suo futuro marito, per essere il primo pilota donna a compiere il volo transoceanico. Amelia Earhart, affiancata dal meccanico Lou Gordon e dal pilota Wilmer Stults, riesce con successo e viene acclamata e onorata in tutto il mondo per la sua impresa.
Dopo una serie di record di volo è nel 1932 che Amelia Earhart compie l'impresa più ardita della sua carriera: la trasvolata in solitaria sull'oceano Atlantico.
Il coraggio e l'audacia di Amelia Earhart, che si applicano ad attività che allora erano aperte principalmente agli uomini, si coniugano mirabilmente con la grazia e il gusto tipicamente femminili. La donna diviene infatti disegnatrice di moda studiando un capo particolare d'abbigliamento: la mise di volo per le donne aviatrici.
Amelia Earhart offre altri assaggi di avventura con i voli che effettua ne1 1935: da Honolulu a Oakland (California) tra l'11 e il 12 gennaio, da Los Angeles a Mexico City il 19 e il 20 aprile, infine da Mexico City a Newark (New Jersey). A questo punto è la prima donna al mondo ad aver effettuato voli in solitaria nel Pacifico, ma anche la prima ad aver volato in solitaria sia l'Oceano Pacifico, sia l'Oceano Atlantico.
Il suo sogno più grande rimane però quello il giro del mondo in aeroplano. Inizia l'impresa, ma raggiunti circa i due terzi del viaggio, oltre 22.000 miglia, Amelia scompare, perdendosi misteriosamente insieme al copilota Frederick Noonan per mai più tornare. E' il 2 luglio del 1937.
venerdì 5 luglio 2013
Ascoltati
Il problema è che nel caos di queste nostre vite abbiamo smesso di ascoltare.
Ascoltare il nostro respiro..
Ascoltare il rimo del nostro cuore che batte..
Ascoltare i nostri pensieri abbandonandoci ad essi..
Da quanto non lo facciamo? Eppure sono gesti così semplici…
Dovremmo ricominciare ad ascoltare, dovremmo ricominciare ad ascoltarci.
Anton Vanligt
Ascoltare il nostro respiro..
Ascoltare il rimo del nostro cuore che batte..
Ascoltare i nostri pensieri abbandonandoci ad essi..
Da quanto non lo facciamo? Eppure sono gesti così semplici…
Dovremmo ricominciare ad ascoltare, dovremmo ricominciare ad ascoltarci.
Anton Vanligt
giovedì 4 luglio 2013
L'avvocato del diavolo - La filosofia di John Milton
Devi mantenere un profilo basso, innocuo, sembrare insignificante!
Sono una sorpresa Kevin.. la gente non mi vede arrivare, è questo che ti manca.
Sono una sorpresa Kevin.. la gente non mi vede arrivare, è questo che ti manca.
lunedì 24 giugno 2013
ENTUSIASMO
Entusiasmo = dal greco antico enthusiasmòs, formato da en (in) con theos (dio), pieno di Dio , cioè Divinamente ispirato - Letteralmente si potrebbe tradurre con "con Dio dentro di sé".
domenica 9 giugno 2013
martedì 28 maggio 2013
venerdì 17 maggio 2013
martedì 14 maggio 2013
domenica 12 maggio 2013
Fabrizio in vetta al Shisha Pangma
10 Maggio La sveglia l'ho puntata per tempo, ma tanto di dormire non se ne parla. Alle 2 di questa ultima possibilità di condizioni meteo utilizzabili, apro la zip della tenda. Sono al campo due intermedio, a 7100m. Vento. Freddo, tanto. Con alcuni altri alpinisti iniziamo a salire il canale di neve e roccia che in tre ore ci porterà a Campo 3. Dove se il vento non strappasse le tende avremmo dovuto dormire anche noi. Un pegno in più, da aggiungere al dislivello della salita di questo ultimo giorno, per poter tentare. A C3 ci investe la luce, quando ancora in valle è notte, che sempre tutto semplifica e motiva; iniziamo la risalita della cresta che, per roccette, scivoli di neve e ghiaccio conduce, un bel po' più in là, verso la vetta Centrale. Ogni passo è il risultato di un ragionamento, di motivazioni, di volti.. Con i suoi tempi. E' una giornata lunga quella che sto vivendo, ma, dopo tante giornate in cui non si sapeva nulla, se non che dovessero passare, ho la possibilità di viverla.. Sguardi tutt'attorno, emozioni, l'esserci, l'averlo voluto, sono la ricompensa di una fatica importante. Sono veloce ed in una decina di ore sono sulla Centrale :) Fretta di qualche scatto, emozioni poche, non è ora che si vive la pienezza.. Fretta di scendere, perchè è tutta da rifare! Un primo sbuffo di nuvole. Paura? Nel frattempo le nuvole chiudono la montagna ed in poco cominciano folate di vento più forte e neve dal basso, e poi la bufera. Tra corde fisse ed adrenalina il problema non è trovare la via, ma quanto cazzo di freddo fa! Durante la discesa incontro alpinisti e mi chiedo chi glielo fa fare. A loro, per la vetta, ancora due-tre ore, per poi discendere.. Io tornerei indietro! Non credo di avere pensato a molto al di fuori della contingenza, ma a tratti ho anche guardato dall'esterno la situazione. Non paura, ma certo consapevolezza. Un passo via via, su gambe instabili, su neve instabile, gestendomi in modo instabile tra le difficoltà, perdo quota. Con il buio ancora lontano qualche ora sono finalmente di nuovo al campo, in tenda, sfinito, apatico. Voglia di dormire, per pensare, poi.. 11 Maggio Da allora un altro giorno di discesa, altre nove ore di discesa. Sono ora al ABC, nelle comodità :), con un bel po' di cose vissute in più. So di essere molto più fragile di quel che pensavo, e questo è un bel po' di esperienza in più. Sono felice, come il bambino che vive in me. Sono felice, perchè Tibet Project non è stata solo una follia mia, ma un progetto di sport e solidarietà che ha coinvolto tanti, partito dalla mia testa bucata, si, e dove ci ho messo la faccia, ma che è stato condiviso. Nulla mi sembra valga di più.
Fabrizio Silvetti Shisha Pangma | Cima Centrale | 8013m
https://www.facebook.com/pages/Tibet-Project/519010938118175?hc_location=stream
giovedì 9 maggio 2013
Addio a Ottavio Missoni
Ottavio Missoni è morto nella sua casa di Sumirago nel varesotto, all'età di 92 anni.
Più che come stilista, mi piace ricordarlo come grande protagonista dell'atletica leggera italiana .
Nel 1935 vestì la maglia azzurra, nella specialità dei 400 metri piani e nei 400 metri ostacoli. In carriera ha conquistato otto titoli nazionali. Nel 1939 conquistò il campionato mondiale studentesco a Vienna.
Partecipò alle Olimpiadi di Londra, dove si classificò sesto nella finale dei 400m ostacoli e correndo come secondo frazionista nelle batterie della staffetta 4×400 metri.
domenica 5 maggio 2013
John Lennon e felicità
giovedì 2 maggio 2013
GIORGIO NARDONE - Come vincere le ossessioni che ci rendono schiavi
CHI SI LAVA TROPPO LE MANI, CHI SI STRAPPA I CAPELLI..... MA CONTRO LE MANIE C'E' UNA STRATEGIA SPERIMENTATA
A tutti viene ogni tanto il dubbio di non aver chiuso a chiave l'auto. Ma andare a controllare ogni dieci minuti non è sano. Così come lavarsi le mani cento volte al giorno. Eppure lo fanno in tanti: circa il 5% degli italiani adulti si rivolge allo psicoterapeuta per liberarsi dalla schiavitù dei rituali irrazionali e ripetitivi tipici del disturbo ossessivo compulsivo. Lo dice Giorgio Nardone, direttore della scuola di specializzazione post-universitaria di psicoterapia ad Arezzo, nel libro Ossessioni, compulsioni, manie.
Il disturbo più diffuso è l'impulso a lavarsi eccessivamente per il terrore di essere contaminati dalle cose con cui si entra in contatto spiega l'esperto, che negli ultimi 25 anni ha curato, attraverso le cliniche che in diverse parti del mondo applicano la sua Terapia breve strategica, oltre 15 mila pazienti. Tutto parte da un dubbio: "E se questa cosa è sporca?". Così si comincia a ripulire un oggetto, e a lavare le parti del corpo con cui l'abbiamo toccato, e sentiamo di stare di meglio. Fin dalle prime volte, il fatto che questo "copione" che mettiamo in atto ci faccia sentire meno angosciati innesca la trappola: siccome la soluzione ci sembra efficace, la ripetiamo. Tuttavia, superata una certa soglia di ripetizioni, il comportamento diventa irrazionale e sfocia in patologia.
Come si cura? Lo psicoterapeuta dice al paziente che la prossima volta che sentirà il bisogno di lavarsi, dovrà ripetere il rituale cinque volte. Non si proibisce il rituale, ma lo si trasforma in un "contro rituale" terapeutico spiega Nardone....
A tutti viene ogni tanto il dubbio di non aver chiuso a chiave l'auto. Ma andare a controllare ogni dieci minuti non è sano. Così come lavarsi le mani cento volte al giorno. Eppure lo fanno in tanti: circa il 5% degli italiani adulti si rivolge allo psicoterapeuta per liberarsi dalla schiavitù dei rituali irrazionali e ripetitivi tipici del disturbo ossessivo compulsivo. Lo dice Giorgio Nardone, direttore della scuola di specializzazione post-universitaria di psicoterapia ad Arezzo, nel libro Ossessioni, compulsioni, manie.
Il disturbo più diffuso è l'impulso a lavarsi eccessivamente per il terrore di essere contaminati dalle cose con cui si entra in contatto spiega l'esperto, che negli ultimi 25 anni ha curato, attraverso le cliniche che in diverse parti del mondo applicano la sua Terapia breve strategica, oltre 15 mila pazienti. Tutto parte da un dubbio: "E se questa cosa è sporca?". Così si comincia a ripulire un oggetto, e a lavare le parti del corpo con cui l'abbiamo toccato, e sentiamo di stare di meglio. Fin dalle prime volte, il fatto che questo "copione" che mettiamo in atto ci faccia sentire meno angosciati innesca la trappola: siccome la soluzione ci sembra efficace, la ripetiamo. Tuttavia, superata una certa soglia di ripetizioni, il comportamento diventa irrazionale e sfocia in patologia.
Come si cura? Lo psicoterapeuta dice al paziente che la prossima volta che sentirà il bisogno di lavarsi, dovrà ripetere il rituale cinque volte. Non si proibisce il rituale, ma lo si trasforma in un "contro rituale" terapeutico spiega Nardone....
Articolo il Venerdì di Repubblica - Scienze, 25.04.13
mercoledì 1 maggio 2013
Quando corro di Murakami Haruki
"Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. E' naturale, perché nell'animo umano non può esistere il vuoto assoluto. Il nostro spirito non è abbastanza forte per concepire il nulla, e inoltre non è coerente. Insomma, i pensieri che si avvicendano nella mia mente mentre corro sono semplicemente dei derivati del nulla, tutto lì. Si formano ruotando intorno al nulla. Somigliano alle nuvole che vagano nel cielo. Nuvole di grandezza e forma diverse che arrivano, e se ne vanno, semplici ospiti di passaggio. Ciò che resta è soltanto il cielo, che è sempre lo stesso".
domenica 28 aprile 2013
Hermann Hesse - Ho imparato
Ho imparato a essere felice là dove sono.
Ho imparato che ogni momento
di ogni singolo giorno racchiude tutta la gioia,
tutta la pace,
tutti i fili di quella trama che chiamiamo vita.
Il significato è riposto in ogni istante.
Non c’è un altro modo per trovarlo.
Percepiamo solo e soltanto ciò che permettiamo a noi
stessi di percepire,
tutti i giorni, un istante dopo l’altro
Hermann Hesse
Ho imparato che ogni momento
di ogni singolo giorno racchiude tutta la gioia,
tutta la pace,
tutti i fili di quella trama che chiamiamo vita.
Il significato è riposto in ogni istante.
Non c’è un altro modo per trovarlo.
Percepiamo solo e soltanto ciò che permettiamo a noi
stessi di percepire,
tutti i giorni, un istante dopo l’altro
Hermann Hesse
lunedì 22 aprile 2013
sabato 20 aprile 2013
Il vantaggio di cambiare
Un monaco è in viaggio e viene ospitato da una famiglia di contadini. Riceve del formaggio e un po’ di latte, ma è a disagio perché vede che i suoi ospiti sono veramente poverissimi. Il monaco chiede come fanno a vivere in quella capanna sperduta, senza risorse e la moglie del contadino spiega che hanno una vacca che mungono ogni mattina, vendono il latte ai vicini e sopravvivono risparmiando i pochi soldi che guadagnano dalla vendita e mangiando un po’ di formaggio che preparano con il siero. La mattina dopo il monaco dice al contadino e sua moglie: “Ho pensato tutta la notte a cosa posso fare per voi. Vi dico di uccidere la vostra vacca, ora”. Il contadino e la moglie sono stupefatti e iniziano a piangere. Sanno che ciò che dice un monaco è giusto e va fatto e con il cuore straziato conducono la vacca al precipizio dietro la casa e la buttano giù, uccidendola. Il monaco se ne va. Molti anni dopo, un altro monaco arriva a una tenuta estremamente lussuosa. C’è una grande casa bellissima, ci sono allevamenti di animali, ci sono frutteti, ci sono orti, perfino un laghetto dove nuotano pesci di ogni tipo. Il monaco viene accolto dai padroni di casa e gli viene offerto ogni ben di dio. E’ sorpreso e felice che questi contadini siano così benestanti e chiede come hanno fatto. Il padrone di casa allora racconta che, molti anni, prima vivevano in una capanna e avevano solo una vacca per loro sostentamento. Un giorno la vacca cadde nel precipizio dietro la loro casa e morì. Allora lui e la moglie capirono che dovevano imparare e mettere in atto nuove cose e così fecero. E il risultato fu che la loro vita fu infinitamente più prospera e felice di quando avevano solo la vacca e vivevano del suo latte.
venerdì 12 aprile 2013
Quanto pesa un bicchiere d'acqua
Uno psicologo stava spiegando come gestire lo stress. Quando sollevò un bicchiere d’acqua, tutto il pubblico immaginò che avrebbe posto la domanda:
“Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?”
Quello che invece domandò fu:
“Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?”
Quello che invece domandò fu:
“Quanto credete che pesi questo bicchiere d’acqua?”
Le risposte variarono da 250 a 400 grammi.
“Il peso assoluto non conta, - replicò lo psicologo - dipende dal tempo per cui lo reggo. Se lo sollevo per un minuto, non è un problema. Se lo sostengo per un’ora, il braccio mi farà male.
Se lo sollevo per tutto il giorno, il mio braccio sarà intorpidito e paralizzato. In ogni caso il peso del bicchiere non cambia, ma più a lungo lo sostengo, più pesante diventa.”
E continuò:
“Gli stress e le preoccupazioni della vita sono come quel bicchiere d’acqua.Se ci pensate per un momento, non accade nulla. Pensateci un po’ più a lungo e incominciano a far male. E se ci pensate per tutto il giorno, vi sentirete paralizzati e incapaci di far qualunque cosa.”
E’ importante ricordarsi di lasciare andare i nostri stress. Alla sera, il più presto possibile, posiamo i nostri fardelli. Non portatiamoceli addosso per tutta la sera e tutta la notte. Ricordiamoci di posare il bicchiere d’acqua!
Le risposte variarono da 250 a 400 grammi.
“Il peso assoluto non conta, - replicò lo psicologo - dipende dal tempo per cui lo reggo. Se lo sollevo per un minuto, non è un problema. Se lo sostengo per un’ora, il braccio mi farà male.
Se lo sollevo per tutto il giorno, il mio braccio sarà intorpidito e paralizzato. In ogni caso il peso del bicchiere non cambia, ma più a lungo lo sostengo, più pesante diventa.”
E continuò:
“Gli stress e le preoccupazioni della vita sono come quel bicchiere d’acqua.Se ci pensate per un momento, non accade nulla. Pensateci un po’ più a lungo e incominciano a far male. E se ci pensate per tutto il giorno, vi sentirete paralizzati e incapaci di far qualunque cosa.”
E’ importante ricordarsi di lasciare andare i nostri stress. Alla sera, il più presto possibile, posiamo i nostri fardelli. Non portatiamoceli addosso per tutta la sera e tutta la notte. Ricordiamoci di posare il bicchiere d’acqua!
domenica 7 aprile 2013
mercoledì 3 aprile 2013
martedì 2 aprile 2013
Tra le nuvole - Quanto l'hanno pagata per rinunciare ai suoi sogni?
"Vedo uomini che lavorano nella stessa
azienda per tutta una vita intera, uomini esattamente come lei: timbrano
all'entrata all'uscita e non hanno mai un momento di felicità".
mercoledì 27 marzo 2013
IL TALENTO DI IMMAGINARE IL NOSTRO FUTURO di William James
Iniziate ad essere ora quello che vorrete divenire d'ora in avanti. Vi chiederete, ma come? La più grande guida del nostro iniziare ad essere è l'immaginazione ovvero l'abilità di sapere scegliere tra le possibilità che ci vengono offerte. Avere l'immaginazione richiede coraggio e impegno, ma allo stesso tempo ci dona speranza, la speranza di poter decidere il nostro destino e che le decisioni che prendiamo si confermeranno giuste in futuro. Per quanto possiamo essere sopraffatti dal nostro mondo, possiamo anche trarne speranza: dalla sua bellezza, dalle promesse, dal semplice fatto che possediamo il talento di immaginare il nostro futuro in mezzo a tutte le possibili vite che scorrono davanti ai nostri occhi. Dobbiamo immaginarla bene la nostra vita, dobbiamo impegnare la nostra coscienza. La coscienza è la voce di Dio, della natura e del cuore degli uomini.
William James
martedì 26 marzo 2013
giovedì 21 marzo 2013
mercoledì 20 marzo 2013
Tiziano Terzani - Un altro giro di giostra di
Agli inizi degli anni Trenta un avventuroso inglese di nome Paul Brunton fece un lungo viaggio in India sulle tracce della sua sapienza che lui vedeva minacciata dall’irresistibile avanzata della mentalità occidentale. Brunton incontra un vecchi yogi che nel corso della conversazione gli dice: “Solo quando i sapienti occidentali rinunceranno a inventare macchine che corrono più svelte di quelle che già avete e cominceranno invece a guardare dentro di sé, la vostra razza scoprirà un po’ di vera felicità. Lei non crederà che il viaggiare sempre più velocemente renda la vostra gente più felice?”
Sono passati più di settant’anni. Molti indiani sono capaci ancora oggi a porci quella domanda. Ma noi ce la siamo mai posta?Pare proprio di no, visto che il correre sempre più velocemente è diventato il nostro modo di essere. Tutto è ormai una corsa. Si vive senza fare più attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare, a rimandare a poi quel che si vorrebbe davvero. Sul poi, non sull’ora, si concentra l’attenzione. Nella città in particolare la vita passa senza un solo momento di riflessione, senza un solo momento di quiete che bilanci la continua corsa al fare. Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.
Sono passati più di settant’anni. Molti indiani sono capaci ancora oggi a porci quella domanda. Ma noi ce la siamo mai posta?Pare proprio di no, visto che il correre sempre più velocemente è diventato il nostro modo di essere. Tutto è ormai una corsa. Si vive senza fare più attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare, a rimandare a poi quel che si vorrebbe davvero. Sul poi, non sull’ora, si concentra l’attenzione. Nella città in particolare la vita passa senza un solo momento di riflessione, senza un solo momento di quiete che bilanci la continua corsa al fare. Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.
giovedì 14 marzo 2013
CAMPO BASE
Campo base, 12 marzo 2013.
Dopo mesi di attesa passati a fare programmi, a contemplare la vetta, a coltivare la pazienza bruciati dalla smania di partire, finalmente c'é una possibilità concreta di lasciare il campo base. Tra non molto sapremo se possiamo smontare le tende, impacchettare le nostre cose e andare.
L'emozione sale e già ci immaginiamo il momento nel quale guarderemo da lontano il campo emozionati e riconoscenti, senza esitazione e rimpianti.
Dopo mesi di attesa passati a fare programmi, a contemplare la vetta, a coltivare la pazienza bruciati dalla smania di partire, finalmente c'é una possibilità concreta di lasciare il campo base. Tra non molto sapremo se possiamo smontare le tende, impacchettare le nostre cose e andare.
L'emozione sale e già ci immaginiamo il momento nel quale guarderemo da lontano il campo emozionati e riconoscenti, senza esitazione e rimpianti.
martedì 12 marzo 2013
giovedì 7 marzo 2013
Julio Velasco - Cose facili e difficili
"Non esistono cose facili o difficili, esiste quello che so fare o che non so fare"
lunedì 4 marzo 2013
Gibran Khalil Gibran - Il lavoro
Poi un contadino disse: "Parlaci del Lavoro". Ed egli rispose:
Voi lavorate
per seguire il cammino della terra e con lo spirito della terra.
Poiché stare in ozio è diventare estraneo alle stagioni, e allontanarsi dal corteo della vita che avanza maestosa e con fiera sottomissione verso l'infinito.
Poiché stare in ozio è diventare estraneo alle stagioni, e allontanarsi dal corteo della vita che avanza maestosa e con fiera sottomissione verso l'infinito.
Quando voi lavorate siete un flauto che
attraverso la sua anima
trasforma in musica il mormorio della vita.
Chi vorrebbe essere una canna muta, quando tutte
le altre cantano all'unisono?
Vi è stato sempre detto che il lavoro è una
maledizione e la fatica una sventura.
Ma io vi dico che quando lavorate compite una parte del sogno più avanzato della terra, che fu assegnata a voi quando quel sogno nacque.
E che sostenendo voi stessi col lavoro amate in verità la vita, e che amare la vita nel lavoro è vivere intimamente con il più intimo segreto della vita.
Ma io vi dico che quando lavorate compite una parte del sogno più avanzato della terra, che fu assegnata a voi quando quel sogno nacque.
E che sostenendo voi stessi col lavoro amate in verità la vita, e che amare la vita nel lavoro è vivere intimamente con il più intimo segreto della vita.
Ma se nella vostra sofferenza dite che nascere è
un tormento e sostentare la carne una maledizione scritta in fronte, io vi
rispondo che nulla tranne il sudore della fronte laverà ciò che vi è scritto.
Vi hanno anche detto che la vita è tenebre, e
nella vostra stanchezza fate eco a ciò che dissero gli stanchi.
E io vi dico che la vita è davvero oscurità se è priva di slancio e che ogni slancio è cieco se non v'è conoscenza e ogni conoscenza è vana, se non v'è l'operare e
ogni opera è vuota se è priva dell'amore.
Quando operate con amore legate voi a voi stessi l'uno all'altro e a Dio.
E io vi dico che la vita è davvero oscurità se è priva di slancio e che ogni slancio è cieco se non v'è conoscenza e ogni conoscenza è vana, se non v'è l'operare e
ogni opera è vuota se è priva dell'amore.
Quando operate con amore legate voi a voi stessi l'uno all'altro e a Dio.
Cosa significa operare con amore?
È tessere la stoffa con i fili del cuore, come se anche chi amate dovesse indossarla.
È costruire una casa con affetto, come se anche chi amate dovesse abitarla.
È seminare con dolcezza e mietere il grano con gioia, come se anche chi amate dovesse mangiarne.
È impregnare ogni cosa che plasmate con un soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i beati vi stanno intorno e vi osservano.
È tessere la stoffa con i fili del cuore, come se anche chi amate dovesse indossarla.
È costruire una casa con affetto, come se anche chi amate dovesse abitarla.
È seminare con dolcezza e mietere il grano con gioia, come se anche chi amate dovesse mangiarne.
È impregnare ogni cosa che plasmate con un soffio del vostro spirito,
E sapere che tutti i beati vi stanno intorno e vi osservano.
Vi ho udito spesso dire, come parlando nel
sonno:
"Chi scolpisce nel marmo, e vi ritrova la forma
del suo animo, è più nobile di chi ara la terra;
E chi afferra l'arcobaleno e lo distende su una tela nelle sembianze di un uomo, è maggiore di chi fabbrica i sandali per i nostri piedi".
E chi afferra l'arcobaleno e lo distende su una tela nelle sembianze di un uomo, è maggiore di chi fabbrica i sandali per i nostri piedi".
Ma io, non in sonno, ma nella più lucida veglia
meridiana, vi dico che il vento non parla più soavemente alle querce giganti
che al più minuscolo filo d'erba;
E che grande è soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal suo amore.
E che grande è soltanto chi trasforma la voce del vento in un canto reso più dolce dal suo amore.
L'opera è amore che si fa visibile.
Se non potete lavorare con amore, ma solo con riluttanza, allora è meglio lasciare il lavoro e sedere alla porta del tempio e accettare elemosine da chi lavora con gioia.
Perché se fate il pane con indifferenza, farete un pane amaro che nutre solo a metà.
E se spremete l'uva con astio, il vostro astio distillerà un veleno nel vino.
E se anche cantate come angeli, e non amate il canto, chiuderete le orecchie dell'uomo alle voci del giorno e della notte.
Se non potete lavorare con amore, ma solo con riluttanza, allora è meglio lasciare il lavoro e sedere alla porta del tempio e accettare elemosine da chi lavora con gioia.
Perché se fate il pane con indifferenza, farete un pane amaro che nutre solo a metà.
E se spremete l'uva con astio, il vostro astio distillerà un veleno nel vino.
E se anche cantate come angeli, e non amate il canto, chiuderete le orecchie dell'uomo alle voci del giorno e della notte.
mercoledì 27 febbraio 2013
Fauja Singh, Il Maratoneta Centenario
Domenica 24 Febbraio il maratoneta di 101 anni Fauja Singh, ha appeso le scarpette al chiodo dopo aver concluso in 1h32:29 la 10 km della maratona di Hong Kong.
"E’ uno dei giorni più felici della mia vita", ha dichiarato
l’anziano uomo al traguardo, dove è giunto sventolando la bandiera di Hong
Kong; Fauja ha comunicato che comunque continuerà a correre per 15 km al
giorno, per mantenere il suo stato di salute (sta benissimo e pesa 52 km!) e
raccogliere fondi per alcune associazioni benefiche.
Incredibile la storia di quest’uomo, agricoltore per tutta la vita, divenuto
maratoneta a 89 anni, dopo la morte della moglie e di un figlio; trasferitosi a
Londra da un altro figliolo ha cominciato a correre per dimenticare e per
scaricare la rabbia. Ben presto si è scoperto maratoneta e ha partecipato a
quella di Londra (2000) concludendola in 6 ore e 54 minuti. Poi, ancora Londra,
per altre 3 volte, e nel 2003 si migliora di 52 minuti; di lì a Toronto dove
stabilisce il pb in 5h40. Decide così di andare a New York, ma è una delusione:
mal visto dal pubblico per via del turbante e sofferente per una ferita ad un
piede, riesce comunque a concludere la gara (7h35). Nove le maratone concluse
dall’uomo, soprannominato “Turbaned Tornado”, per via del tipico
copricapo indossato, con l’ultima corsa da centenario nel 2011, ancora a
Toronto, in 8h11:06. Da aggiungere, infine, che Fauja, da bambino, aveva
cominciato a camminare solo a dieci anni a causa di una malattia che lo portava
a non avere forza nei muscoli e a non riuscire a stare dritto.
domenica 24 febbraio 2013
A come Abbraccio di Massimo Gramellini
Cuori allo specchio | Massimo Gramellini |
LA STAMA 24/02/2013
A come Abbraccio
Può essere un abbraccio, può essere il coricarsi incollati l’uno all’altro, può essere il farsi un timido piedino. Il segreto per scovare la vera felicità è tutto qui: farsi avvolgere e travolgere dalle coccole. Parola di Anna Nathan Shekory, psicologa e antropologa di 36 anni che sulle coccole ci ha investito davvero parecchio, tanto da aprire a Londra la prima «Scuola dell’abbraccio», con workshop pratici per imparare a trovare gioia e appagamento nell’innocente incontro dei corpi. «E’ sempre più difficile abbracciare - spiega Anna, che nel tempo libero si divide tra la professione di educatrice di ragazzi in difficoltà e quella di assistente ad un mago –, oggi le persone passano molto tempo a socializzare virtualmente e una delle esperienze che più manca è proprio quella di un contatto fisico soddisfacente».
Ai corsi partecipano persone di tutti i tipi, dagli studenti universitari ai pensionati, passando per operai, artisti e imprenditori, fino a donne vittime di abusi e che sono alla ricerca del coraggio e del piacere nel farsi nuovamente sfiorare da un uomo. Quello che tenta di fare Anna è riportare le coccole nella quotidianità, per esplorare la spontaneità di piccoli gesti in grado di mettere in connessione con gli altri. Anche nel nome della chimica: se un contatto fisico di poco più di 20 secondi produce effetti positivi sull’umore che possono durare fino a 24 ore è merito dell’ossitocina, un ormone prodotto dal corpo quando è sollecitato da sentimenti di cura e affetto. E quello che più le piace insegnare è l’abbraccio «fondente»: bisogna guardarsi negli occhi e chiedere all’altra persona il permesso di toccarla. Quando l’altra persona dice sì, e lo deve dire verbalmente, ci si stringe incrociando le braccia l’uno attorno all’altra. Poi si respira insieme per tre volte e ci si culla leggermente prima di lasciarsi. Infine ci si guarda negli occhi sussurrandosi ancora una volta «Grazie». E, assicura Anna, bastano due abbracci così al giorno per vedere il mondo con occhi nuovi. E portarsi a casa un Master in coccole.
sabato 23 febbraio 2013
I NOSTRI VERI DIRITTI
L'ASSERTIVITA'
L'assertività (dal latino "asserere" che significa "asserire"), o asserzione (o anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro le proprie emozioni e opinioni senza tuttavia offendere né aggredire l'interlocutore.
Secondo gli psicologi statunitensi Alberti ed Emmons, si definisce come «un comportamento che permette a una persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui». Essa si può anche delineare come il giusto equilibrio tra due polarità: da una parte il comportamento passivo, dall'altra il comportamento aggressivo.
I diritti assertivi comprendono il rispetto di se stessi, delle proprie esigenze, sentimenti e convinzioni. Tali diritti sono necessari per costruire sentimenti e pensieri positivi come l'autostima e la fiducia. Riconoscerli e rispettarli significa anche riconoscerli e rispettarli negli altri.
I DIRITTI ASSERTIVI:
- DIRE NO ALLE RICHIESTE ALTRUI SENZA SENTIRSI IN COLPA
- IL diritto di fare qualsiasi cosa, purchè non danneggi nessun altro.
- IL diritto di mantenere la propria dignità agendo in modo assertivo, anche se ciò urta qualcun altro, a condizione che il movente sia assertivo e non aggressivo.
- IL diritto di fare richieste ad un’altra persona, dal momento che riconosco all’altro l’identico diritto di rifiutare.
- IL diritto ridiscutere il problema con la persona interessata, e di giungere a un chiarimento.
- IL diritto ad attuare i propri diritti ed al rispetto altrui dei propri diritti.
- IL diritto di avere idee, opinioni, punti di vista personali e non necessariamente coincidenti con quelli degli altri.
- IL diritto a che le proprie idee, opinioni e punti di vista siano quanto meno ascoltati e presi in considerazione (non necessariamente condivisi) dalle altre persone.
- IL diritto ad avere bisogni e necessità anche diverse da quelle delle altre persone.
- IL diritto a provare determinati stati d’animo ed a manifestarli in modo assertivo se si decide di farlo.
- IL diritto di commettere degli errori, in buona fede.
- IL diritto di decidere di sollevare una determinata questione o, viceversa, di non sollevarla.
- IL diritto di chiedere aiuto.
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