Sir
Ernest Henry Shackleton, 1874 – 1922
Qualcuno ha
definito l’esploratore inglese Sir Ernest Shackleton, il più grande Leader che
Dio abbia mandato sulla terra.
Se non è
stato il più grande è certamente stato un modello dal quale possiamo prendere esempio
per fronteggiare il cambiamento e le enormi sfide che ci troviamo ad affrontare
quotidianamente.
Ernest
Shackleton salpò da Londra il 1° agosto del 1914 a bordo dell’Endurance, un
veliero 3 alberi dotato di un motore
a singola elica, con 27 uomini di equipaggio e l’obiettivo di effettuare la
prima traversata del continente antartico.
Il 10 gennaio
1915 la nave raggiunse il
mare di Weddell e il 19 dello stesso mese rimase incastrata nel
pack.
Il vascello dovette
essere abbandonato e poco dopo fu completamente distrutto dalla pressione del
ghiaccio. Shackleton fece trasferire l'equipaggio sulla banchisa in un
accampamento d'emergenza chiamato "Ocean Camp" dove rimasero fino al
29 dicembre quando si trasferirono, trasportando al traino tre scialuppe di
salvataggio, sul un lastrone di banchisa.
Fino all'8 aprile
1916 rimasero sulla lastra
di ghiaccio galleggiante e quando questa iniziò a sciogliersi tentarono di
raggiungere, a bordo delle scialuppe, l'isola
Elephant. Dopo una navigazione disperata nel mare ghiacciato ed in
tempesta, raggiunsero l'isola il 15 aprile
del 1916
(498º giorno della spedizione). Le probabilità di ritrovamento e soccorso erano
pressoché nulle, Shackleton decise quindi di raggiungere, utilizzando la barca
di salvataggio in condizioni migliori, la Georgia del
Sud (distante circa 1.300 km) insieme a cinque uomini per cercare
aiuto. Salparono il 24 aprile e riuscirono ad attraccare nella
parte meridionale dell'isola (baia di Re Haakon) dopo 15 giorni di navigazione
in condizioni meteorologiche abominevoli.
Shackleton,
insieme a Tom Crean
e Frank Worsley,
impiegò 36 ore per attraversare a piedi 30
miglia di montagne e ghiacciai inesplorati della Georgia del Sud (fu il primo
attraversamento dell'isola) raggiungendo il 20 maggio
1916 la stazione baleniera
di Stromness.
Da li
organizzò il soccorso degli uomini rimasti sull'isola di Elephant che furono
tutti tratti in salvo, al quarto tentativo, il 30 agosto
del 1916 col rimorchiatore cileno Yelcho.
Erano
passati quasi due anni dal naufragio durante i quali in condizioni estreme,
attuò comportamenti che fecero diventare leggendaria la sua leadership tanto da
far dire al geologo ed esploratore
britannico Raymond Priestley:
“Datemi Scott a capo di una spedizione scientifica, Amundsen
per un raid rapido ed efficace, ma se siete nelle avversità e non intravedete
via d'uscita inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Shackleton “.
Come poté il
grande comandante trasformare una sicura disfatta in un’impresa memorabile?
Quali metodi usava per ottenere il massimo dai suoi uomini?
Prima di
tutto poneva sempre una grande attenzione alla selezione dell’equipaggio,
sosteneva che reclutare una squadra vincente è la prima regola del successo. Lui
lo faceva seguendo semplici principi:
- Reclutare esperti in aree in
cui si è carenti.
- Il vice deve essere leale,
condividere le idee della leadership ed essere complementare.
- Occorre valutare aspetti non
convenzionali della personalità dei candidati oltre alle capacità
richieste dal compito specifico.
- Evitare le prime donne ma
trovare persone che ambiscano veramente all’incarico, flessibili e
disposte anche a fare lavori umili.
- Preferire gli ottimisti.
- Essere chiari sul contratto.
Cerchiamo uomini per viaggio
pericoloso. Salario basso, freddo pungente, lunghi mesi di buio totale, costante
pericolo. Ritorno incerto. Onori e riconoscimenti in caso di successo
Risposero
incredibilmente oltre 5000 candidati tra i quali vennero scelti i 27 che
parteciparono alla spedizione.
Mettere le
persone giuste al posto giusto non è sufficiente, ecco i dettami che
orientavano la leadership del famoso esploratore che stato il precursore della
moderna visione del capo/coach:
-
Coltiva l’empatia e il senso di responsabilità nei confronti degli altri.
- Trova un modo per volgere a tuo vantaggio battute d’arresto e fallimenti.
- Sii audace nella visione e cauto nella programmazione: osa nuove cose, ma progettale fin nei minimi dettagli per assicurare alle tue idee un’alta probabilità di successo.
- Impara dagli errori passati, tuoi e altrui. Talvolta i migliori insegnanti sono i capi peggiori e le esperienze più negative.
- Non insistere mai nel voler raggiungere la meta ad ogni costo. Deve essere conseguita a costi ragionevoli, senza sacrifici eccessivi per la squadra.
- Non scontrarti apertamente con i rivali, ma impegnati piuttosto in una competizione leale. Un giorno potresti aver bisogno anche della loro collaborazione.
- Tratta tutti con equità, riconoscendo la differenza di grado e di ruolo, assegnando incarichi e carichi di lavoro corretti.
- Sii tollerante. Impara a conoscere i punti di forza e di debolezza di ognuno e regola le tue aspettative di conseguenza. Tollerare gli individui può dare risultati molto efficaci, soprattutto nelle situazioni critiche.
- Cerca di creare rapporti di lavoro in cui si valorizzi il lato umano e non solo quello professionale. Fa in modo di conoscere personalmente il maggior numero di persone che lavorano per te e tieni a mente i loro interessi, così da trovare sempre un argomento di conversazione che esuli dalla professione.
- Tieni sotto controllo gli scontenti, per limitare il contagio.
- Sii prodigo di riconoscimenti verso te stesso e gli altri quando portate a termine un lavoro ben fatto. Uno sguardo di consenso, una pacca sulla schiena o una stretta di mano sincera sono l’espressione, mai fuori moda, di stima personale e gratitudine.
- Chiedi consigli per preparare il piano d’azione, fai partecipare tutti alla soluzione, ma alla fine decidi da solo.
- Lascia il tempo allo staff per prepararsi a scelte impopolari e allenta la tensione usando l’umorismo.
- Affronta i compiti più impegnativi formando squadre diverse per obiettivi diversi, non lasciare dubbi sull’autorità dei team-leader.
- Se il piano non funziona, ed è necessario cambiare rotta, l’importante è motivare il cambiamento.
I fattori
del successo di Sir
Ernest Henry Shackleton furono il suo innato carisma, la costante capacità
di dare l’esempio, l’intuito nel scegliere le persone giuste formandole
adeguatamente, l’abilità nel creare una squadra coesa e motivata ma il vero
segreto del suo successo fu svelato in un intervista nella quale un membro del
suo equipaggio dichiarò:
“Per ottenere il meglio da ognuno il
comandante non ci comandava, ci guidava.”